Mercoledì 18 Settembre 2024
ELVIO GIUDICI
Magazine

Rossini Opera Festival. Modernissima, audace: è “Bianca e Falliero“

La direzione di Roberto Abbado esalta l’inaugurazione della 45ª edizione. Nel Palasport rinnovato, in occasione di Pesaro capitale della Cultura.

Rossini Opera Festival. Modernissima, audace: è “Bianca e Falliero“

Jessica Pratt, 45 anni, Bianca nell’opera Bianca e Falliero al Rof di Pesaro

Nell’anno in cui Pesaro è capitale italiana della Cultura, particolare importanza assumono le sue due più prestigiose istituzioni culturali costituite dalla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, e soprattutto dal Rossini Opera Festival giunto alla sua 45ª edizione. Un’occasione celebrativa che trova segno importante nella tanto a lungo differita restituzione alla città del Palasport rinnovato, in cui tornano a risuonare le note di Rossini a inaugurare il festival del 2024 col Bianca e Falliero: che proprio perché non tra i massimi capolavori di Rossini ma ricco di pagine straordinarie, molto richiede a chi decida d’affrontarlo.

Roberto Abbado, alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (assai ringiovanita nell’organico e in forma smagliante) e del coro del teatro Ventidio Basso, mercoledì ha diretto magnificamente: una concertazione calibratissima dà pieno valore alle molteplici microstrutture di cui la partitura si compone lungo modulazioni di straordinaria, modernissima audacia, embricandole in continuum narrativo nel quale grandiosità e ripiegamento lirico si compenetrano secondo quella scala di affetti del tutto particolari e solo a Rossini riconducibili, la cui piena rivalutazione dopo quasi due secoli di sostanziale oblio è conquista critica musicale tra le maggiori dell’era moderna, e della quale il ROF è senz’altro autorevole portabandiera.

A una grande direzione fa riscontro un cast non del tutto all’altezza. Eccellente la Bianca di Jessica Pratt col suo smagliante registro superiore fin troppo esibito in talune puntature non del tutto necessarie (e non sempre riuscite), ma soprattutto con una linea morbida, luminosa, benissimo padroneggiata in pulsioni dinamiche capaci di pennellare una ricca tavolozza cromatica. Dmitry Korchak sfaccetta benissimo la cupa figura del padre Contareno, dominandone l’aspra tessitura con mirabile scioltezza. Assai meno riuscita la figura di Falliero, che riesce troppo larga per le limitate risorse di Aya Wakizono: note gravi di sola aria calda, acuti appena sufficienti, registro centrale esile esile, che nei duetti con Bianca letteralmente sparisce. E se il timbro di Giorgi Manoshvili è in natura molto bello, l’emissione gutturale e sfocata lo imbruttisce non poco. Lo spettacolo di Jean-Loius Grinda non è brutto ma molto peggio: non c’è. Coro immobile a fare il coro; una vecchia orba e claudicante deambula quinci e quivi, e chi sia non ci viene mai minimamente detto; proiezioni da ufficio turistico: peccato.