Lunedì 14 Ottobre 2024
PIERFRANCESCO PACODA
Magazine

Rebecca Saunders. Un Leone che profuma di “musica assoluta“

Il riconoscimento della Biennale alla carriera della compositrice inglese. La scelta "per la sua capacità di creare uno spazio di ascolto interiore". .

Rebecca Saunders. Un Leone che profuma di “musica assoluta“

Rebecca Saunders, 56 anni,. Leone d’oro alla carriera alla Biennale musica

Rigorosa, capace di applicare alla matematica delle sue partiture un’energia romantica, avvolgente, che riesce a sedimentarsi nel cuore dell’ascoltatore, Rebecca Saunders è la compositrice inglese, che venerdì scorso ha ricevuto, dalla mani del presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, il Leone d’oro alla carriera per la Biennale Musica 2024. Il giorno precedente, l’Orchestra della Fenice aveva eseguito, nello splendido teatro, la sua opera, Wound’, un viaggio sonoro attraverso panorami cangianti, evocativi, inquieti, che rappresentano perfettamente il tema scelto dalla direttrice, al suo ultimo anno di mandato, Lucia Ronchetti, Musica assoluta.

Uno sguardo sulla purezza del suono, sul suo potere di linguaggio originale, che non ha bisogno di alcuna suggestione proveniente da scenari differenti per dispiegare tutta la sua bellezza. E che, proprio come accade con le opere della Saunders, lascia traccia di sé in chi incontra, educando, dunque, alla capacità dell’ascolto. Che significa comprensione, attenzione verso culture diverse, apertura all’altro, senza preconcetti o convinzioni radicate.

Al contrario, la “musica assoluta“ è un’esperienza, a giudicare dal ricchissimo programma di questa Biennale, destabilizzante, che non si tira indietro quando è necessario far entrare nella scrittura il rumore della quotidianità. Ha meritato il Leone d’oro, Rebecca Saunders, come recita la motivazione, "per la raffinatezza della sua ricerca e delle sue intenzioni compositive, per l’attenzione che dedica al microcosmo sonoro, per la sua capacità di creare nell’ascoltatore un’area riservata di ascolto, uno spazio acustico intimo e interiore che evolve e amplifica l’immaginario sonoro".

Il desiderio di instaurare una relazione personale con chi ascolta, rendendo così il pubblico protagonista della “musica assoluta“, è andato in scena anche con l’emozionante rappresentazione, nel Teatro delle tese all’Arsenale, lo spazio splendido che la Biennale Musica divide in questi giorni con quella dell’Arte, dell’opera Le noir de l’étolie, composta tra il 1989 e 1990 da Gérard Grisey, scomparso nel 1998. Si tratta di un pagina che trae ispirazione, come scrisse lo stesso autore, da un suo incontro a Berkeley, in California, con l’astronomo Joseph Silk, che gli parlò dei suoni delle pulsar.

Perfettamente integrati nel pentagramma, svelano tutto il loro potere arcaico, misterico, grazie all’esecuzione affidata a sei giovanissimi percussionisti, alcuni provenienti dalla scuola della Biennale College, con il pubblico al centro della scena, completamente avvolto da ritmo. Un ritmo, che lo stesso Grisey definì "primordiale e implacabile", con gli strumenti che, proprio come le pulsar, "definiscono e misurano il tempo, non senza austerità".

Un concerto dal sapore di happening, fuori dalla formalità della musica colta, con un pubblico in buona parte giovane, internazionale, seduto ovunque, per terra, sulle pedane che sorreggevano le percussioni. Un segnale importante di cambiamento e di inclusione che Lucia Ronchetti ha reso possibile grazie a scelte rigorose, ma spesso inaspettate e di successo, come il premio alla carriera lo scorso anno al teorico della ambient music Brian Eno, che ha permesso di avvicinare alla manifestazione veneziana una nuova generazione di frequentatori.

Da segnalare, nel vastissimo cartellone, Vivaldi eseguito dalla Venice Baroque Orchestra nella Chiesa della Pietà, l’incontro su “Musica e persuasione“ domani con David Lang, la Lamentatio di Giovanni Sollima per viola da gamba sola, commissione della Biennale (mercoledì). Finale il 10 ottobre nella Basilica di San Marco, con il Coro della Cappella Marciana. Nel repertorio lo Stabat del 2018 della svedese Lisa Streich, accostato agli Stabat Mater di Pierluigi da Palestrina e di Giovanni Croce.