Lunedì 12 Maggio 2025
REDAZIONE MAGAZINE

Un pesce egiziano dimostra perché avere la febbre è molto utile

Uno studio sulla tilapia ha rivelato il ruolo vitale dell’innalzamento della temperatura. Una strategia di sopravvivenza iniziata 600 milioni di anni fa

Il pesce Tilapia (Oreochromis aureus)

Il pesce Tilapia (Oreochromis aureus)

Roma, 17 dicembre 2024 – Una specie di pesce egiziano, la tilapia del Nilo, è stata utilizzata per capire perché la febbre ci aiuta quando veniamo colpiti da un’infezione. Ieri, lunedì 16 dicembre, la rivista PNAS ha pubblicato la ricerca eseguita da un team dell’Università della Cina orientale a Shanghai e del Centro per la Scienza e la Tecnologia Marina, a Qingado

Lo studio, riportato dal quotidiano El País, espone che la strategia di sopravvivenza (innalzamento della temperatura) è nata molti anni prima dell’apparizione degli animali a sangue caldo. Infatti circa 600 milioni di anni fa, quando l'esplosione evolutiva ha dato vita alle prime forme animali è apparsa la febbre. Alcuni esseri viventi hanno scoperto che, quando si sentivano male, potevano sentirsi meglio se trascorrevano un po’ di tempo in un luogo più caldo.

Oggi si sa che questo aumento di temperatura migliora il metabolismo, ottimizza la funzione immunitaria e sopprime la crescita dei patogeni. La strategia ha avuto un tale successo che gli animali a sangue freddo, come i pesci o le lucertole, l'hanno conservata per milioni di anni, alcuni in cerca di acqua calda e altri trascorrendo più tempo al sole. Quando sono apparsi gli animali a sangue caldo, come gli umani, questo sistema di difesa è riapparso, ma in questo caso senza bisogno di cercare il calore, perché queste specie possono regolare la loro temperatura interna per ottenerlo.

In un esperimento di laboratorio, i ricercatori dello studio, hanno osservato che le tilapia infettate dal batterio Edwardsiella piscicida si trasferivano, per cinque giorni, nella zona con una temperatura più alta dell’acquario in cui vivevano. Questo comportamento, che fa sì che un pesce a sangue freddo riproduca lo stato febbrile (innalzamento della temperatura), ha innescato una serie di cambiamenti nel suo organismo che lo hanno aiutato a combattere l'infezione

Quando la tilapia si sentiva debole e cercava l'acqua calda, come accade agli umani quando hanno febbre, ha perso la fame ed è rimasta come intorpidita. Così il pesce ha smesso di mangiare e, come avviene con il digiuno intermittente, il suo organismo ha attivato l'autofagia cellulare, un sistema di riciclaggio che scarta gli elementi e libera energia per rispondere meglio all'infezione. 

I risultati dello studio

Lo studio sulla tilapia ha mostrato anche che i nuovi elementi che entrano nella ‘cassetta degli attrezzi’ degli esseri viventi vengono conservati per centinaia di milioni di anni, sopravvivendo a innumerevoli estinzioni di specie e combinandosi con altre innovazioni. Quando la febbre è arrivata, non c'era nessun essere vivente che avesse ‘l'immunità adattiva’, il sofisticato sistema di difesa con cui oggi i vertebrati si difendono. La diffusione della febbre è servita a potenziare l'immunità già innata negli esseri viventi. Questa specifica del sistema immunitario è stata analizzata anche nella tilapia. Infatti quando il pesce si avvicina all'acqua calda, la trascrizione dell'ossido nitrico, un potente antimicrobico, accelera e vengono prodotte proteine che scatenano una risposta infiammatoria. Inoltre, le alte temperature rendono difficile la riproduzione di alcuni virus e batteri

Gli autori del lavoro ricordano che la capacità di aumentare la temperatura corporea, elevandola (come fanno gli animali a sangue caldo) o spostandosi in luoghi più caldi (come fanno quelli a sangue freddo) ha un ruolo essenziale nel migliorare l'immunità e nel combattere le infezioni. Un elemento che può effettivamente migliorare le possibilità di sopravvivenza. In altri esperimenti di laboratorio, è stato dimostrato che ridurre la febbre con metodi farmacologici o impedendone l’evoluzione, aumenta la mortalità dei soggetti infetti.