"Viviamo tempi in cui c’è molta violenza domestica. Dobbiamo chiederci il perché". È il grande tema de La mia Ingeborg di Tore Renberg (Fazi editore), oggi al Salone di Torino. Lo scrittore norvegese, tra i cinque finalisti dell’11ª edizione del Premio Strega Europeo che verrà assegnato domani, affronta il lato oscuro dell’essere umano, con la ferocia e la delicatezza di una confessione a cuore aperto. Il protagonista del suo romanzo, Tollak, si racconta in prima persona, senza sconti, in un flusso di pensieri in cui presente e passato si aggrovigliano. Vive isolato nei freddi boschi del Nord e dopo la morte della moglie si trova a fare i conti con tutti i suoi demoni.
"Tollak è nato nel 1938 ed è cresciuto in estrema periferia, a stretto contatto con la natura. Appartiene a un’epoca e a un contesto geografico molto diverso dal nostro – dice Renberg per presentarci meglio il suo personaggio –. Inoltre, si ostina a rimanere ancorato al passato, rifiutando qualunque forma di evoluzione. E ha gravi problemi con la rabbia: questo il punto nevralgico della sua storia".
Com’è stato entrare nella psiche di un personaggio così complesso?
"Da uomo, mi ha sempre creato difficoltà l’idea di appartenere a un genere che, per secoli, ha usato la violenza come soluzione dei problemi. Ma non possiamo far finta di niente, dobbiamo domandarci perché lo facciamo. È qualcosa che abbiamo imparato o è qualcosa che è dentro di noi? L’obiettivo del romanzo è provare a capire. Avrei potuto condannare il mio personaggio. Ma questo spetta a un tribunale, non a uno scrittore. Credo che la letteratura non debba mai trasformarsi in un processo, quanto piuttosto mostrare l’umanità in tutte le sue sfaccettature, anche le più buie. Tollak è un uomo d’amore e di violenza".
I Paesi scandinavi sono tra i migliori nel rispetto della parità di genere (in testa al Global Gender Gap Index del World Economic Forum) ma, allo stesso tempo, hanno un alto tasso di femminicidi. Si parla di “paradosso nordico“. Come se lo spiega?
"Non saprei. Credo che sistema sociale e vita privata restino due cose molto diverse. Si possono regolare per legge le tasse, il lavoro, i servizi… Ma come si può regolare l’amore, i sentimenti umani, la vita di coppia. La cosa che mi infastidisce, però, è che si continui a parlare di violenza di genere come un retaggio del passato quando in realtà è un fenomeno anche della nostra epoca “evoluta”. Dovremmo chiederci cosa possiamo fare".
A proposito, Tollak ha un rapporto molto difficile con “la nuova epoca” e con l’innovazione che essa porta con sé. Lei come vive i cambiamenti? La spaventa, ad esempio, l’avvento dell’intelligenza artificiale?
"Molto. Io voglio continuare a pensare con la mia testa, non voglio che una macchina lo faccia al posto mio. Se smettiamo di pensare, smettiamo di essere umani. È un pericolo più grande delle singole guerre, sarebbe la distruzione finale. E poi detesto l’idea che un mio libro possa essere dato in pasto a un qualunque software di IA. Non lo trovo giusto. Potrei arrabbiarmi molto, come Tollak".
Quali sono i suoi progetti futuri?
"Scrivere. Scrivo sempre, non mi fermo mai. A volte ho la sensazione di scrivere anche quando dormo – sorride –. Ora sto lavorando a un nuovo romanzo che è un po’ sulla scia de La mia Ingeborg: parla di un uomo con problemi mentali. Perché è questo che cerco di fare: esplorare la complessità dell’essere umano".