"Se non mi uccidono loro, mi uccido io", così Aziza chiede aiuto a Pamela Ferlin per scappare dall’Afghanistan. Si sono conosciute via web prima del ritorno al potere dei talebani. Scrittrice e agente letteraria, Ferlin collaborava con Arghosha Faraway Schools – ong che aveva aperto in Afghanistan 17 scuole per bambine in 17 anni – e seguiva a distanza alcune studentesse, come Aziza. Ma dopo il 15 agosto del 2021 tutto è cambiato.
"Vengo a sapere in tempo reale che i talebani erano entrati nello studentato, le nostre ragazze sono state costrette a scappare in preda alla disperazione, abbandonando tutto – vestiti, computer, effetti personali. Chi cercava riparo da parenti o amici, chi cercava di andare in aeroporto. E chi ci ha lasciato le penne – Ferlin fa una pausa in preda ai brutti ricordi – Lasciamo perdere". Inizia così l’incubo.
Lei, però, è riuscita a restare in contatto con due studentesse.
"Sì, tramite social. I talebani sono talmente ignoranti che non sanno come oscurare Internet a seconda delle loro esigenze. Dovrebbero tagliare tutto ma anche a loro servono i social, soprattutto come vetrina per amplificare il ‘valore’ delle loro gesta".
Ha iniziato così a raccontare quanto stava accadendo, prima con una rubrica sulle pagine del Corriere Veneto, poi con il libro In questa notte afgana (Piemme).
"Grazie al contatto con le mie due ragazze (protagoniste del libro, ndr), avevo guadagnato uno sguardo privilegiato, da vera insider, sull’Afghanistan e su quanto stava succedendo. Non potevo lasciare che quanto apprendevo andasse perduto. Così, dopo che la rubrica sul giornale ha chiuso, ho deciso di scrivere un romanzo. Tutto ciò che c’è dentro è vero, salvo alcune licenze narrative".
Nei giorni scorsi i talebani hanno dichiarato il ritorno alla lapidazione per adulterio delle donne, mentre continuano a non riaprire le scuole per le ragazze. Com’è la situazione oggi?
"La riapertura delle scuole alle ragazze dopo i 12 anni non c’è e non ci sarà. La situazione delle donne è terribile. Hanno perso qualunque libertà e diritto all’autodeterminazione. Sono ridotte a mere fattrici di razza. Ma la vera piaga dell’Afghanistan, in questo momento, è la povertà assoluta. Prima del ritorno dei talebani, c’era un’effervescenza economica e culturale; le donne contribuivano attivamente al miglioramento della società e la popolazione, negli ultimi vent’anni, era raddoppiata da 20 a 40 milioni. ll venir meno, di punto in bianco, di tutti gli aiuti esterni, la fuga degli eserciti – che erano anche consumatori di beni e servizi – e il crollo del terziario hanno creato un boomerang dall’impatto insostenibile".
Quali sono le ultime notizie?
"Proprio ieri ho parlato con uno dei pochi medici rimasti lì. Mi diceva che gli ospedali sono pieni di bambini denutriti che arrivano a morire di fame. È molto difficile salvarli perché mancano ormai gli strumenti medici, paramedici e di nutrimento necessari. A ciò si aggiunge un altro fattore drammatico. Se le ragazze non possono più studiare e gli uomini non possono toccare le donne, chi curerà queste ultime in mancanza di dottoresse?"
Le vostre scuole hanno chiuso?
"Alcune sì, altre accolgono le bambine fino ai 12 anni e poi solo maschi. Ma ci sono maestre che continuano a operare clandestinamente, in condizioni pericolosissime. Nascondere sotto l’uncinetto un libro di inglese è un grande rischio per tutte".
Ma a rischiare non sono solo le donne. Nel suo libro c’è anche un protagonista maschile.
"Un uomo meraviglioso, perseguitato in quanto giornalista della tv di Stato afgana e quindi ritenuto colluso col governo traditore. Nel libro racconto come siamo riusciti a salvarlo".
E le sue ragazze?
"Da studentesse sono passate a essere considerate alla stregua di prostitute. Una di loro vuole scappare a tutti i costi, pur rischiando la vita. Mi ha detto che se non la uccidono loro si uccide lei. Sto facendo di tutto per portarla qui".
Cosa si augura?
"Di poter scrivere un epilogo diverso per il mio libro".