Sabato 27 Luglio 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Libri

L’altro Danubio. L’Europa vista da oriente

Il reportage “controcorrente“ di Nick Thorpe. Dal delta alle sorgenti: uno sguardo inconsueto.

L’altro Danubio. L’Europa vista da oriente

L’altro Danubio. L’Europa vista da oriente

Il Danubio, per ragioni storiche e geografiche, può ben essere definito la “spina dorsale“ dell’Europa, e Nick Thorpe ne è così consapevole che lo ha percorso più o meno tutto, per i suoi 2840, o 2845, se non 2779 chilometri (la lunghezza, come si vede, è quasi un’opinione). Ha proceduto però controcorrente e perciò il suo notevole libro reportage, Il Danubio, pubblicato in Italia da Keller a quasi dieci anni dalla prima uscita, offre un’idea d’Europa decisamente poco convenzionale. Il solo fatto di partire dal delta del fiume, dalla Dobrugia romena, terra di pescatori e di storioni, popolata da una numerosa minoranza turca, per poi risalire il corso d’acqua attraverso la Bulgaria, l’Ucraina, la Serbia e su su verso le terre germaniche, fa sì che l’immagine consueta del Danubio come poderoso corso austro-tedesco che si fa largo da occidente verso il lontanissimo Mar Nero, finisca per evaporare e fare spazio a un’idea d’Europa che per una volta si riconosce nelle sue terre orientali, spesso misconosciute, quasi rimosse.

"Perché sono andato controcorrente, partendo dal delta? Perché è nella mia natura. Quando tutti lasciavano l’Europa orientale, negli anni ’80, io mi sono spostato a Budapest...": a sentire Thorpe, intervenuto a Testo, il salone del libro di Firenze, è stato tutto molto naturale, eppure la sua scelta e la sua ricerca hanno un effetto dirompente.

Il libro del giornalista e scrittore britannico, corrispondente della Bbc per l’Est Europa, da oltre trent’anni a Budapest, è quasi una risposta al Danubio di Claudio Magris, pietra miliare della cultura mitteleuropea (e del mito che ha contribuito ad alimentare). Quanto l’opera di Magris è letteraria e piena d’erudizione e di divagazioni, tanto Il Danubio di Thorpe pianta le sue radici in una scrittura sì d’alto rango, ma mai dimentica della lezione del miglior reportage culturale, nel quale geografia, storia e viva umanità si mescolano, fino a fondersi. Thorpe è un maestro dell’ascolto e le molte storie di persone comuni sono la vera forza del libro, ciò che dà sostanza all’evocazione di storie e miti, di popoli e lingue; il flusso della vita, attraverso i secoli, è l’architrave del viaggio.

Thorpe ha impiegato tre anni per visitare decine di luoghi e incontrare i suoi interlocutori, tornando dopo ogni spedizione nella sua Budapest: un andirivieni che ha reso la capitale ungherese il vero baricentro – geografico, culturale e perfino psicologico – della risalita. Pagina dopo pagina l’immagine romantica del “bel Danubio blu“ scolorisce e prende forma, semmai, una certa angoscia per il presente e il futuro del grande fiume, sotto stress per via del collasso climatico in corso (la portata delle acque è fortemente ridotta) e per i proditori interventi umani, fra dighe, canali, cementifazioni. Quando Thorpe raggiunge Targu Jiu, luogo natale di Constantin Brancusi, di fronte alla sua svettante, ammaliante Colonna infinita, si sovviene di quanto gli disse un archietto a proposito del vecchio ponte di Mostar: "Contiene poco materiale e molto pensiero". Quel che servirebbe per proteggere la spina dorsale del continente.