Domenica 6 Ottobre 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Libri

Il Pulitzer “non fiction“. Vivere da palestinesi sotto occupazione

Il libro di Nathan Thrall fra inchiesta e racconto storico collettivo

Nathan Thrall

Nathan Thrall

Roma, 12 maggio 2024 – Al centro della storia c’è un drammatico incidente stradale – un pulmino carico di bambini si scontra con un camion, esce di strada e prende fuoco – ma il racconto del fatto finisce per condurre il lettore nella Storia con la esse maiuscola. Siamo alle porte di Gerusalemme, nei quartieri palestinesi, e sono palestinesi i bambini coinvolti nella tragedia. Un fatto vero, avvenuto nel 2012. Nathan Thrall, giornalista ebreo statunitense, col suo Un giorno nella vita di Abed Salama (Neri Pozza), ha vinto il Premio Pulitzer per la “non fiction“ ed è riuscito – soprattutto – a far capire quanto sia dura, feroce, impossibile, la vita quotidiana nei territori palestinesi occupati. Thrall racconta le ore concitate della tragedia e anche le vite di alcuni dei familiari dei bambini morti o feriti. L’angoscia dei genitori alla ricerca dei figli dispersi, forse periti nel rogo, forse portati in qualche ospedale, si intreccia con la sensazione, via via crescente, che i bambini non siano stati soccorsi da chi avrebbe potuto farlo: le ambulanze della vicina colonia, le forze di pronto intervento dell’esercito di occupazione.

Il libro di Thrall è al tempo stesso un’inchiesta su un episodio di ordinaria ingiustizia e un vivido spaccato della tormentata storia dei rapporti fra lo stato israeliano e la popolazione palestinese. Un libro di storia scritto col piglio e la forza di un febbrile, ma accurato, racconto in presa diretta. La drammatica giornata di Abed citata nel titolo, è l’occasione per ripercorrere l’intera vita di un genitore alla disperata ricerca del suo Milad, di appena cinque anni.

È una storia unica, la sua, e tuttavia esemplare, nel privato e nel pubblico: le nozze combinate e poco felici, la seconda moglie aggiunta alla prima, la militanza politica alla fine fallimentare, le tensioni familiari e un presente, sotto occupazione, fatto di violenze, soprusi, frustrazioni, insomma l’apartheid di cui parlano le grandi organizzazioni umanitarie. La vicenda di Abed s’intreccia ad altre storie e sullo sfondo scorre la Storia, colta nel suo divenire e vissuta da dentro: la prima Intifada, di popolo e potente ma presto soffocata nella violenza; gli accordi di Oslo e le “briciole“ lasciate ai palestinesi; la seconda Intifada “diventata rapidamente appannaggio dei militari“; e anche le divisioni, le debolezze, alla fine l’impotenza nel campo palestinese. Tutto converge nel dubbio sull’esito dell’incidente: i soccorsi non sono arrivati in tempo perché le vite dei palestinesi non sono importanti per le forze di occupazione.

Thrall chiude dedicando il libro alle sue tre figlie: "Anche se probabilmente la segregazione non avrà termine nell’arco della mia vita, ho scritto questo libro con la speranza che venga abbattuta nell’arco della loro".