Roma, 14 ottobre 2024 – Han Kang è non solo la prima sudcoreana a vincere il Nobel, ma anche la prima donna asiatica. La sua vittoria, insieme all'Oscar per il miglior film vinto da Bong Joon Ho per “Parasite” nel 2020, così come il grande successo di serie televisive come “Squid Game” su Netflix e gruppi K-pop come BTS e Blackpink, rappresenta un traguardo culturale per la Corea del Sud. Eppure, mentre i libri di Kang vendono come non mai, e lettori, autori e politici celebrano la sua vittoria – anche il presidente Yoon Suk Yeol si è complimentato con la scrittrice in un post su Facebook –, Kang, con la sua narrativa, da anni rappresenta una forma di ribellione contro la cultura sudcoreana, che in realtà rimane profondamente patriarcale e spesso misogina.
In un articolo per il New York Times, la reporter Motoko Rich e il capo dell’ufficio di Seul della testata Choe Sang-Hun, raccontano, ad esempio, come solo uno dei dieci capi del Ministero della Cultura, Sport e Turismo del paese è stata una donna dal 2008. Inoltre, fino al trionfo di Han, i circoli della critica letteraria della Corea del Sud, dominati dagli uomini, avevano a lungo sostenuto il poeta Ko Un come il candidato più probabile e meritevole per il Nobel. Prima che emergessero accuse di abusi sessuali contro di lui, i giornalisti locali si radunavano davanti a casa sua quando l'annuncio del Nobel era imminente. Kang non ha mai attirato tali folle. L’assegnazione del Nobel all’autrice, quindi, è significativa perché avviene proprio in un momento in cui le scrittrici sudcoreane stanno fiorendo, specialmente a livello internazionale. E spesso per loro, scrivere è una forma di manifestazione del dissenso e di resistenza.
“La Corea del Sud ha un'ossessione per il riconoscimento internazionale che viene con premi come le medaglie olimpiche e i Premi Nobel – scrivono i reporter del NYT – e fino alla scorsa settimana, avevano avuto solo un vincitore del Nobel: l’ex presidente, Kim Dae-jung, che vinse il Premio per la Pace nel 2000 per la sua lotta per la democrazia sotto il governo militare e i suoi sforzi per costruire la riconciliazione e la pace con la Corea del Nord”. Quel Nobel e quello di Kang sono entrambi legati alla tumultuosa storia del paese, segnata dalla divisione della penisola, da una guerra, da una dittatura e da una lunga lotta per i diritti e per la democrazia.
In Corea del Sud, Kang è conosciuta soprattutto per “Atti Umani” (Adelphi, 2017), un romanzo sul massacro degli attivisti democratici a Gwangju nel 1980. Quel testo aveva portato l’autrice ad essere inserita in una lista nera da parte dell’allora presidente Park Geun-hye, che la considerava “ostile”. La lista non è mai stata resa pubblica, ma Kang è stata ostracizzata perché la brutale repressione narrata nel libro fu compiuta da una dittatura conservatrice passata. “We Do Not Part”, il romanzo di Kang del 2021 (in uscita in Italia nelle prossime settimane per Adelphi), tratta un altro massacro civile che molti conservatori sudcoreani non volevano vedere nel dibattito pubblico, mentre “La vegetariana” (Adelphi, 2019), il suo libro più letto a livello internazionale, racconta la violenza su scala più intima con una protagonista oppressa nella propria casa, e da molti è stato interpretato in chiave femminista.
Alcune scrittrici hanno detto che non sono sorprese che sia una donna a rappresentare il potere letterario della Corea del Sud sulla scena globale. "In letteratura, anche quando era dominata dagli uomini, le voci più forti venivano dai più oppressi," ha detto Euny Hong, autrice di "The Birth of Korean Cool: How One Nation Is Conquering the World Through Pop Culture”. Le lettrici sono diventate più influenti nel mercato letterario sudcoreano – e mondiale – negli ultimi anni, grazie alla crescita di una classe di donne professioniste, ma anche grazie a quella che sembra una predisposizione alla lettura di narrativa che le donne hanno di più rispetto agli uomini. Con le continue discriminazioni a cui sono soggette nella politica, nel mondo degli affari e nei media in Corea del Sud, almeno la letteratura è uno spazio in cui le donne possono esprimere il loro potere.