Lunedì 4 Novembre 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Libri

I fidanzatini di piazza Oberdan. Quell’amore distrutto dal nazismo

Una delle storie-simbolo di Trieste, Pino e Laura, 1945: lei lo aspetta, lui è catturato e incenerito nella Risiera

Trieste, piazza Oberdan: il Cantico dei Cantici, la statua dei “fidanzatini“ realizzata da Marcello Mascherini nel ’57

Trieste, piazza Oberdan: il Cantico dei Cantici, la statua dei “fidanzatini“ realizzata da Marcello Mascherini nel ’57

Roma, 14 ottobre 2024 – A Trieste la chiamano “I fidanzatini”, ma la statua in bronzo di piazza Oberdan ha un altro nome: “Cantico dei Cantici”. Lo scultore, Marcello Mascherini, la realizzò nel 1957 e rappresenta l’amore nella sua forma più semplice e pura: due figure stilizzate, un uomo e una donna, si abbracciano con delicatezza. È una scultura speciale, perché oggi evoca, per il luogo in cui è collocata, una vicenda struggente e misteriosa, la storia d’amore, finita tragicamente, fra due giovani triestini, Pino Robusti e Laura Mulli. Si sa poco di entrambi, se non che il 19 marzo 1945 avevano appuntamento proprio lì, in piazza Oberdan, davanti alla fermata del “Tram de Opcina”, storico e romantico mezzo di trasporto che dal centro città sale nel cuore del Carso.

Pino e Laura quel giorno non si incontrarono, perché il giovane fu fermato da una pattuglia di soldati tedeschi e arrestato poco prima dell’arrivo di lei. Trieste a quel tempo era sotto amministrazione diretta della Germania hitleriana, ormai alle ultime battute della sua esistenza, ma ancora in pieno controllo della città. Proprio in piazza Oberdan aveva sede il comando delle SS, uno dei luoghi più sinistri e più temuti della “Trieste nazista”: vi si torturavano gli oppositori politici, detenuti nel vicino carcere del Coroneo, magari prima di inviarli a un altro luogo passato alla storia, la ex Risiera di San Sabba, l’unico campo di prigionia nazista in Italia in cui fu attivo, per un certo tempo, un forno crematorio. Anche il corpo di Pino Robusti fu incenerito alla Risiera, dopo la fucilazione avvenuta il 7 aprile 1945 (la lapide che lo ricorda riporta però la data del 6), poche settimane dopo l’arresto. Pino, a quanto se ne sa, non era un partigiano, e nemmeno una spia, ma il suo lasciapassare era risultato falso, forse contraffatto da lui stesso per avere un giorno libero dal suo impiego alla Todt, l’organizzazione che gestiva il lavoro obbligatorio nelle infrastrutture militari tedesche.

Pino Robusti ha lasciato traccia di sé e della sua storia d’amore con Laura in alcune commoventi lettere che riuscì a recapitare clandestinamente all’amata e in due lettere-testamento scritte la sera prima d’essere fucilato, trovate dai genitori in un risvolto del cappotto recuperato a esecuzione avvenuta. Pino aveva intuito il destino che l’aspettava, pur nella confusione del momento e nella vaghezza delle contestazioni, e si rivolse ai genitori e alla fidanzata con parole che fanno parte della memoria storica della città e del museo allestito alla Risiera di San Sabba. "Mi pare strano, mentre ti scrivo – si legge fra l’altro nella lettera a Laura – che tra poche ore una scarica potrebbe stendermi per sempre, mi sento calmo direi quasi sereno, solo l’animo mi duole di non aver potuto cogliere degnamente, come avrei voluto, il fiore della tua giovinezza, l’unico e il più ambito premio di questa mia esistenza". Ai genitori, nella lettera datata “Pasqua 1945”, Pino si rivolge con più cautela, senza annunciare il peggio, descrivendo anzi momenti di fratellanza con gli altri prigionieri: "Il discorso del prete è stato grandioso come grandioso il ‘grazioso’ sorriso che da qualche giorno infiora la fetida bocca dei carcerieri. Si scusano di tenerci qui ma come si fa... Il dovere...! Fifa, miei cari, fifa bella e buona! Poi in cortile tutti insieme abbiamo cantato l’inno del partigiano. E gli slavi sono maestri del canto! Bisognava vedere la faccia del maresciallo tedesco che osservava la scena!".

I triestini che passano per piazza Oberdan, con pochi sguardi, possono ripercorrere mentalmente passaggi importante della storia cittadina, non solo il duro periodo dell’annessione al Reich. Ecco, sul lato opposto della piazza rispetto ai “fidanzatini”, il palazzo che nel 1920 ospitava l’hotel Balkan e le istituzioni culturali della minoranza slovena della città: l’incendio dell’albergo, per mano di una manipolo squadrista, fu un’anticipazione di ciò che aspettava l’Italia intera, la violenza fascista culminata nella marcia su Roma e nella presa del potere con la complicità del re. Il nome stesso della piazza, intitolata al patriota – il terrorista, secondo la visione del potere asburgico dell’epoca – che attentò alla vita dell’imperatore di passaggio in città, o meglio progettò di farlo, visto che fu arrestato ben prima di poter mettere in atto in suoi propositi. Oberdan fu impiccato proprio nella caserma che al tempo (1882) occupava gran parte dell’attuale piazza.

Due fidanzati, una scultura, una piazza, la storia della città: tutto nel raggio di pochi metri, in un unico colpo d’occhio. Quello che deve aver pensato Christian Klinger, scrittore austriaco specializzato in gialli, che ha dedicato un romanzo – Gli innamorati di piazza Oberdan, tradotto in italiano da Federico Scarpin per Bottega Errante editore – immaginando la vita di Pino e Laura prima del mancato incontro del 19 marzo 1945. Viaggiando con la fantasia, ipotizzando vita e imprese di Pino, dei suoi genitori, degli ipotetici amici, Klinger descrive una bella fetta della storia di Trieste, dagli slanci irredentistici alla Grande Guerra, alla lotta contro il fascismo, che a Trieste fu precoce e intensa, in parallelo con la precocità e la violenza dello squadrismo, e poi l’abisso del lager alla Risiera. Fino all’epilogo della vita di Pino, col suo messaggio a Laura, reso immortale dall’abbraccio di Mascherini, coi suoi fidanzatini.