Lunedì 6 Maggio 2024

Festival working class: "Letteratura operaia, i comizi d’amore per la classe lavoratrice"

A Campi Bisenzio, al presidio ex Gkn, arrivano Parrella, Carlotto, Cartwright. Nel nome di Annie Ernaux: "Scrivo per la mia razza di contadini e manovali".

Festival working class: "Letteratura operaia, i comizi d’amore per la classe lavoratrice"

Festival working class: "Letteratura operaia, i comizi d’amore per la classe lavoratrice"

Il palco è sul lato lungo del cassone aperto di un camion, sedie e tendoni sull’asfalto proprio davanti ai cancelli, i gruppi elettrogeni nascosti poco lontano; i pasti arrivano dalle case del popolo, i gabinetti sono gli stessi usati nei cantieri di lavoro e ovviamente non ci sono sponsor né donatori danarosi alle spalle: non poteva esserci una situazione più working class di questo secondo Festival della letteratura working class di Campi Bisenzio, al presidio ex Gkn, un’assemblea permanente in corso ormai da mille giorni. Chi ha sabotato l’impianto elettrico dello stabilimento, nella notte di pasquetta, non ha quindi ottenuto uno dei suoi probabili obiettivi: impedire il Festival (che è stato anche “spiato” con un drone da un’agenzia di investigazione, nella denuncia del Comitato di fabbrica).

La luce è stata spenta, dunque, ma non è affatto calato il buio, e anzi non c’è incontro, fin dal mattino, che non sia sovraffollato di persone di ogni età (moltissimi i giovani), in un clima di curiosità, passione e anche divertimento. Come quando Henrik Johansson, scrittore ex fornaio, dell’Associazione svedese autori working class (400 membri, un Nobel condiviso nel 1974 da Eyvind Johnson e Harry Martinson), ha chiuso il suo intervento in lingua inglese con un’arguta Ode of my ass, un omaggio al proprio fondoschiena, unica importante forma di tutela ("non i capi, né le leggi, né dio"), nonché di riposo e altre innocenti soddisfazioni sul posto di lavoro. Alberto Prunetti, direttore del Festival, descrive le tre giornate (e serate) di Campi Bisenzio come "un comizio d’amore per la classe lavoratrice di questo paese", e davvero sembra non avere torto, se si ascoltano i poeti operai degli anni Settanta – Ferruccio Brugnaro, Sandro Sardella, Giovanni Garancini – ospiti del Festival quali “fratelli maggiori”, poeti capaci di tradurre in versi le lunghe lotte e le dure condizioni di lavoro della loro gioventù. Ad ascoltare queste voci, ancora, si comprende perché il Comitato di fabbrica ex Gkn, la casa editrice Alegre, la società operaia di mutuo soccorso Insorgiamo! – cioè gli organizzatori del Festival – hanno scelto come slogan della manifestazione una frase di Mark Ficher, filosofo e attivista morto troppo giovane: "Non siamo qui per intrattenervi". La letteratura, cioè, non fine a sé stessa, ma parte di un processo di trasformazione dello status quo.

Non ci sono “star” a questo Festival, solo scrittori di una pasta speciale, pronti a passare da una conferenza sul cassone di un camion a un corteo serale fino al centro di Campi Bisenzio; alcuni sono di buona fama (Valeria Parrella, Massimo Carlotto, Simona Baldanzi, il fumettista Emiliano Pagani, lo stesso Prunetti), altri sono molto letti nei rispettivi paesi e su tutti aleggia lo spirito della più famosa scrittrice d’origine working class del momento, Annie Ernaux, Nobel per la letteratura nel 2022, più volte citata da relatori e organizzatori. Ernaux che ricevendo il premio a Stoccolma rivendicò la sua origine di classe: "Scrivo per la mia razza di contadini, operai e bottegai".

Fra gli ospiti più attesi c’è Anthony Cartwright, autore di un romanzo, Come ho ucciso Margaret Thatcher, appena tradotto da Alegre. Il libro racconta con cruda precisione, ma anche con ironia e leggerezza, la sconfitta della classe operaia britannica, travolta e a volte anche sedotta (fino alla scelta di votare i tories) dalla “Lady di ferro” e dalla sua ideologia neoliberale. Lo sguardo è quello di un bambino che cresce in una famiglia operaia e laburista destabilizzata nelle sue credenze e certezze, e non c’è lieto fine, ma voglia di ribellione, quella sì. A che serve dunque la letteratura? "La figura di Sean nel mio romanzo – sembra rispondere Cartwright a Campi Bisenzio – è un bambino e poi un adulto che vive una disfatta politica che non è però una disfatta umana. Sean, nonostante la sconfitta, riesce a creare qualcosa di nuovo, con lo sguardo verso il futuro".

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