Lunedì 29 Aprile 2024

Il padre dei fotoreporter. Si chiamava Porry-Pastorel. Lo sguardo su Mussolini, dietro le quinte della Storia

Ciak a Cinecittà per il film che racconta la vita del “fotografo del Duce“. Attenzionato dalla censura, ritrasse Benito arrestato e poi coi contadini come in un set.

Il padre dei fotoreporter. Si chiamava Porry-Pastorel. Lo sguardo su Mussolini, dietro le quinte della Storia

Il padre dei fotoreporter. Si chiamava Porry-Pastorel. Lo sguardo su Mussolini, dietro le quinte della Storia

La foto dell’arresto di Mussolini nel 1915. Quella del Duce sulla trebbiatrice, l’immagine simbolo della "battaglia del grano", e di Mussolini vicino alla gente. Immagini che hanno fatto la Storia, che hanno contribuito, in qualche misura, a crearla. Immagini non sempre gradite: Mussolini se lo trovava sempre fra i piedi, quell’uomo dal nome strano, ma dall’accento inconfondibilmente romanesco. Si chiamava Adolfo Porry-Pastorel. È stato il padre del fotogiornalismo italiano. Su di lui, adesso si gira un film. Il titolo è Il fotografo del Duce. Lo sta dirigendo a Cinecittà Tony Saccucci, già autore di Marcia su Roma e de Il pugile del Duce, sul campione di pugilato Leone Jacovacci, figlio di una principessa congolese e di un ingegnere italiano, cresciuto vicino a Viterbo, "oscurato" dal regime perché di colore. Saccucci torna così a occuparsi delle storie e dei personaggi del Ventennio.

Su Adolfo Porry-Pastorel c’è anche un libro, Scatto matto, edito da Marsilio, scritto da Vania Colasanti – che è anche coautrice del copione del film. "Se ne inventava di ogni tipo, per arrivare prima degli altri, prima della concorrenza", rivela Vania Colasanti. "Nel 1937, in Libia, sull’incrociatore Pola, al cui bordo c’era Mussolini, Porry-Pastorel scattò le foto con la sua Leica, poi inserì i negativi nelle zampette di alcuni piccioni viaggiatori, li liberò nel cielo e questi piccioni viaggiatori arriveranno fino a Roma, permettendogli di pubblicare le sue foto prima degli altri". Era febbrilmente dedito al suo lavoro. "Per promuovere la sua agenzia, regalava alle donne degli specchietti, sul cui retro era impressa la sua pubblicità: “Avvenimenti di cronaca, telefonare subito 15-66. Porry-Pastorel fotografa ovunque tutto“".

Il rapporto con Mussolini fu controverso. Porry-Pastorel fotografò per Il Giornale d’Italia l’arresto di Mussolini nel 1915, in piazza Barberini a Roma: il futuro Duce questa foto non gliela perdonò mai. Ma in seguito, il Duce ricorse a lui in tutte le occasioni in cui promosse la propria immagine, in pose meno ufficiali, più "umane": dalla campagna del grano alle foto di Benito sciatore o che si tuffava in mare. Mussolini diventò, in qualche modo, attore per Porry-Pastorel: e anche le celebri foto della "battaglia del grano" erano una messa in scena, con i "contadini" in realtà veri e propri attori.

Ad appena vent’anni, Porry-Pastorel – nato a Vittorio Veneto nel 1888 – aveva fondato un’agenzia fotografica, dal nome geniale: VEDO, acronimo di Visioni Editoriali Diffuse Ovunque. Ma non era solo una trovata pubblicitaria: lui era veramente ovunque. Famoso è lo scambio di battute fra lui e Mussolini: "Sempre il solito fotografo!", esclamò spazientito il Duce. "Sempre il solito presidente del Consiglio!" ribatté lui, per nulla intimorito.

La sua macchina fotografica documentò la Marcia su Roma del 1922, il ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti nel 1924, ma anche i grandi eventi del costume, e la gente nella sua quotidianità. Nato da una famiglia cosmopolita – nonno francese, nonna inglese – Porry-Pastorel divenne il maggior testimone della vita romana e nazionale dagli anni ’10 del Novecento fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Non amava le foto ufficiali: preferiva il "dietro le quinte", lo scatto rubato, le situazioni più spontanee e imprevedibili. Mostrava le contraddizioni del regime senza riserve: smontava i trionfalismi, svelava le risate dei gerarchi, la bassa statura del re. Ebbe accesso alle stanze più intime del governo e del potere e venne attenzionato dalla censura fascista. Appesa la macchina fotografica al chiodo, fu sindaco del paese di Castel San Pietro Romano, dal 1952 fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1960. E Castel San Pietro Romano divenne, grazie a lui, il set di Pane, amore e fantasia, il più celebre film del cosiddetto "Neorealismo rosa", che rivelò Gina Lollobrigida.

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