Sabato 27 Luglio 2024
FILIPPO MARIA ALETTI
Magazine

I 50 anni dell'hip hop, dalle feste clandestine degli anni '70 alle star dello showbiz

Due giradischi, un paio di vinili e un locale clandestino. Tanto è bastato l’11 agosto di cinquant’anni fa a creare il movimento hip hop. Difficilmente però dj Kool Herc, organizzatore della festa che dà vita al genere nella mitica Sedgwick avenue del Bronx di New York, poteva aspettarsi di creare uno stile che da ormai 25 anni si è imposto sul panorama musicale, dominando le classifiche di tutto il mondo. Kool Herc, riconosciuto come padre dell’hip hop sia dal senato americano che dal rivale Grandmaster flesh, intuisce per primo le potenzialità della riproduzione musicale, mescolando parti musicali tratte dai principali dischi soul e funk di quegli anni. Oltre alla musica, questi black party sono alimentanti dal ballo, in particolare la break dance, e dalla pittura con bomboletta spray, la Street art dei vari Haring e Basquiat.

Hip hop (Ansa)
Hip hop (Ansa)

Il primo pezzo hip hop ad avere successo è Rapper's delight della Sugarhill gang, pubblicata nel 1978. Il brano unisce una rilettura di un testo dei Cold Brothers a un campionamento della musica disco degli Chic. Dai party clandestini si passa dunque alle classifiche mainstream. Negli anni ’80 il successo viene consolidato dal primo tentativo di mescolare l’hip hop ad altri generi musicali. I Run Dmc decidono di rappare su Walk this way, brano tratto dal primo disco degli Aerosmith, creando il primo esempio di crossover tra rock e rap. L’esperimento viene ripetuto in seguito, in maniera decisamente meno commerciale, da Public enemy e Anthrax. Gli anni ’90 sanciscono il riconoscimento dei rapper come vere e proprie star dello show business, nonché la nascita della figura del rapper gangster. Al centro dei riflettori lo scontro tra la costa ovest e quella est, con protagonisti 2Pac e Notorious Big, entrambi uccisi durante degli scontri tra bande criminali. Tra i superstiti di quegli anni di piombo, Jay Z e soprattuto Dr. Dre, che negli anni ha smesso di rappare per dedicarsi alla produzione di artisti come Eminem, 50 Cent e Kendrick Lamar. Proprio le vecchie glorie come Snoop Dogg e i Run Dmc sono stati qualche giorno fa sul palco del concertone dello Yankee stadium, che celebrava i cinquant’anni del rap. A discapito degli stereotipi, le donne hanno avuto negli anni un ruolo di spicco all’interno del movimento hip hop. Le apripista del genere sono state Queen Latifah, Mary J. Blige, Missy Elliott e l’ex leader dei Fugees Lauryn Hill, con quest’ultima ancora oggi considerata una rapper migliore di tutti i vari colleghi uomini. La loro musica ha spianato la strada a tante artiste contemporanee come Cardi B, Megan Thee Stallion e Nicky Minaj. E in Italia? Dopo l’esplosione del rap politico nei centri sociali di fine anni ’80, negli anni ’90 la scena mainstream è dominata da Jovanotti e dagli Articolo 31 di J-Ax, mentre nell’ombra si muovono maestri del genere come Neffa e i Sangue misto, il Colle der fomento, Kaos, Bassi maestro e Frankie Hi Nrg. Dopo un breve periodo di disinteresse da parte del pubblico, nei primi anni duemila Fabri Fibra sconvolge il panorama italiano con le sue rime tanto crude quanto accattivanti. Da lì prendono piede anche i Club dogo di Guè, Salmo e Marracash, artisti ancora oggi al centro della scena. Una scena che, però, ha poco da spartire con le origini dell’hip hop, ormai messo da parte in favore della trap. Anche se qualcosa sta cambiando, dato che sempre più artisti trap propongono testi seri e consci, che parlano di strada e vite al limite, proprio come il rap degli esordi. Perché in fin dei conti, l’Hip Hop è qua per restare.