Venerdì 6 Dicembre 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
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Braithwaite e la giustizia riparativa: "Bullismo, guerre: il dialogo ci salverà"

Intervista al professore della Australian National University che sarà premiato con il Balzan da Mattarella

Braithwaite e la giustizia riparativa: "Bullismo, guerre: il dialogo ci salverà"

Riparare, mediare, curare, risarcire, dialogare:. le parole chiave di un modo nuovo di fare giustizia, oltre la. logica della punizione

Riparare, mediare, curare, risarcire, dialogare: sono le parole chiave di un modo nuovo di fare giustizia, oltre la semplice logica della punizione. Per molti, la giustizia riparativa è l’avvenire delle democrazie e delle società più avanzate. John Braithwaite, professore alla Australian National University, è uno dei maggiori esperti al mondo e il 21 novembre riceverà a Roma il prestigioso Premio Balzan (con una dotazione di 800mila euro) "per il suo contributo allo sviluppo teorico e alla diffusione della prassi della giustizia riparativa contemporanea", come si legge nelle motivazioni.

Professor Braithwaite, il suo libro Crime, Shame and Reintegration è del 1989. Cosa è cambiato nella diffusione della giustizia riparativa?

"Non conosco paesi che oggi non abbiano programmi di giustizia riparativa e ricercatori o educatori che non insegnino giustizia riparativa. Molti paesi hanno centinaia di programmi e centinaia di educatori universitari che insegnano giustizia riparativa. Questo è un grande cambiamento. Le statistiche del Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti affermano che nel 2018 il 31% delle scuole statunitensi aveva un programma di giustizia riparativa, nel 2022 erano il 62%".

Ci sono paesi o sistemi giudiziari più ricettivi?

"Le statistiche che ho appena menzionato suggeriscono che gli Stati Uniti hanno un ruolo di leadership nell’introduzione della giustizia riparativa nelle scuole, con programmi legati a problemi come il bullismo e le espulsioni di bambini svantaggiati e che servono anche a migliorare i risultati educativi. Iniziare nelle scuole è anche un buon approccio per preparare a qualsiasi tipo di coinvolgimento da adulti nel sistema penale, che sia da vittime di reati, da criminali, poliziotti, procuratori o giudici. Nuova Zelanda, Canada e Norvegia sono stati degli importanti innovatori nella fase inziale. Australia e Belgio sono stati i primi centri di eccellenza nella ricerca sulla giustizia riparativa. Le corti più alte in Nuova Zelanda e Canada hanno accettato la giustizia riparativa come principio di condanna legalmente riconosciuto due decenni fa. I popoli indigeni che riflettono sulle loro tradizioni di giustizia nelle Americhe, in Africa, in Asia e nel Pacifico continuano a dare contributi enormi. Un lavoro stimolante in Afghanistan e Pakistan, ma anche in Italia, ha anche dimostrato che la giustizia riparativa può essere rilevante nei casi di omicidio che dividono le comunità, persino nel caso del terrorismo. Cina e Bangladesh sono tra i pochi paesi che hanno avuto un grande successo nell’uso della giustizia riparativa per ridurre il tasso di incarcerazione".

In quali ambiti la giustizia riparativa è più efficace?

"Non abbiamo ancora elementi di fatto che ci consentano di rispondere con sicurezza a questa domanda. Molti all’inizio pensavano che la giustizia riparativa sarebbe stata più efficace con reati minori compiuti da giovani, piuttosto che con i reati gravi degli adulti e i reati violenti. Ma non vedo le prove a sostegno di ciò".

Qual è la relazione tra la giustizia riparativa e la depenalizzazione di determinati reati?

"La giustizia riparativa per curare le ferite di un danno rimane un’opzione anche quando quel danno viene depenalizzato".

In Italia c’è ancora una diffusa sfiducia nei confronti della giustizia riparativa. Secondo lei, come si può superare?

"Invitando gli oppositori politici a partecipare ai circoli di giustizia riparativa e poi, in seguito, parlando con le vittime, gli imputati e i loro familiari Le ricerche dimostrano che il 90% delle volte ne saranno molto colpiti".

Pensa la giustizia riparativa si potrebbe applicare anche alle controversie tra stati?

"Sì, credo nella diplomazia riparativa per prevenire guerre e controversie tra stati. Le prove empiriche sono incoraggianti sul fatto che la mediazione per la pacificazione funzioni nel ridurre l’incidenza e la durata delle guerre. Naturalmente la mediazione tra stati è diversa dai circoli riparativi nel processo giudiziario, ma “valori riparativi” come rispetto, scuse, ascolto profondo, riparazione del danno e risoluzione delle controversie relazionali sono tutti applicabili".

Come potrebbe applicarsi, ad esempio, ai casi di Russia/Ucraina e Israele/Palestina?

"È comune nelle guerre che entrambe le parti siano perdenti. Immagino che questo si rivelerà vero anche con Russia/Ucraina e Israele/Palestina. Una ragione è che nelle condizioni contemporanee, rispetto al passato, è più difficile annientare completamente la capacità militare del nemico o infliggergli una sconfitta totale e devastante come avvenne nella battaglia di Waterloo con Napoleone. Quindi ipotizzo che la mediazione dei termini di pace probabilmente si rivelerà inevitabile anche con queste due guerre. Inoltre, ipotizzo che molte delle cose che abbiamo imparato dalla ricerca sulla giustizia riparativa si riveleranno sempre più utili nel mediare la fine delle guerre e i termini di una pace che guarisce. Non posso dimostrarlo con la ricerca sociale esistente. Esplorare questo è un buon programma di ricerca per la prossima generazione di studiosi. Ho intenzione di utilizzare il denaro del Premio Balzan per sostenere e incoraggiare la prossima generazione di ricercatori sulla giustizia riparativa a lavorare esattamente su questa sfida, principalmente in Africa, ma possibilmente anche in Ucraina e Israele-Palestina".