Vino, il peso delle cooperative: sono 40 nella classifica delle prime 100 cantine italiane
Fatturano 3,7 miliardi di euro, con una quota pari al 42% del fatturato complessivo del campione e un quarto delle superfici vitate nella Penisola
Nella classifica delle principali cantine italiane per fatturato sono presenti ben 40 cooperative (su un totale di 117), che fatturano 3,7 miliardi di euro, con una quota pari al 42% del fatturato complessivo del campione. Nel dettaglio, le cooperative detengono il 34% del fatturato generato dall’export, quota che sale fino al 52% se si considera invece il fatturato sul mercato domestico delle cantine Top100.
Le performance economiche delle eno-cooperative sonno state presentate da Confcooperative Fedagripesca a Milano e da Anna Di Martino, autrice della classifica annuale delle prime 100 cantine italiane. “L’incidenza delle cooperative nei primi posti della classifica si è mantenuta costante negli ultimi cinque anni”, commenta il presidente di Confcooperative Fedagripesca, Carlo Piccinini. Crescono le dimensioni delle cantine cooperative, grazie ad accorpamenti e fusioni. Le superfici vitate controllate dalla cooperazione vitivinicola rappresentano un quarto del vigneto Italia (152.280 ettari). In crescita anche la produzione imbottigliata delle 40 cooperative presenti in classifica che portano sul mercato un miliardo e 186 milioni di bottiglie, dato che ha registrato un trend di crescita costante negli ultimi cinque anni pari complessivamente al +20,8%.
Se i numeri confermano l’importanza e il peso della cooperazione vitivinicola (non sempre percepita dalla pubblica opinione), non altrettanto rassicurante è l’outlook economico sul settore . “Un sentiero stretto, dal quale uscire in fretta”, è la sintesi di Luca Rigotti, presidente del settore Vino di Confcooperative e n.1 di un gigante cooperativo come Mezzacorona-Rotari. Tanti i fattori di criticità che minano la competitività delle imprese : “Il problema numero uno si chiama costo del denaro a cui si aggiunge l’impennata dei costi delle materie prime che non registra ancora riduzioni consistenti”. Continua Rigotti: “Sui bilanci delle aziende pesano ancora l’onda lunga dell’incremento dei costi produttivi, ai quali si sommano gli effetti inflazionistici e soprattutto l’innalzamento del costo del denaro che sta impattando pesantemente anche sulla capacità di spesa delle famiglie, un fattore che si ripercuote negativamente pure sul consumo del vino”.
Lo scenario di difficoltà che sta attraversando il vino rappresenta per il presidente del settore Vino di Confcooperative “una crisi strutturale, non congiunturale, con impatti differenti su prodotti e aree di produzione. A pesare sono anche i cambiamenti climatici che rendono sempre più difficile fare viticoltura”. Uno studio Censis dal titolo ‘Il vino italiano si confronta con una non facile congiuntura’ analizza i fattori di crisi: i costi delle materie prime, dove spicca l’aumento del prezzo del vetro che negli ultimi 4 anni è cresciuto più del 50%. Il rallentamento dell’export, che nel 2023 ha visto il primo piccolo segno negativo dopo anni di crescita continua.
Rispetto al totale dei vini esportati, i frizzanti e gli spumanti si mantengono su una traiettoria di crescita (rispettivamente il 7,5% e il 3,3%), mentre perdono terreno i Dop e gli Igp (-0,6%), i comuni e varietali (vini senza Dop o Igp designati con il nome del vitigno, -2,5%), i vini fermi (-3,2%). Infine il credito: rispetto alle condizioni di accesso al credito, il 44% delle imprese dell’industria alimentare ritiene ci sia stato un peggioramento fra il 2022 e il 2023, dovuto prevalentemente agli elevati costi associati alle richieste di credito bancario.