Dopo tre mesi e mezzo la pazienza dei parenti dei 132 ostaggi israeliani ancora nella mani dei terroristi di Hamas è abbondantemente finita. Le famiglie degli ostaggi, innalzando cartelli e foto dei loro cari, hanno fatto ieri irruzione nella Commissione Finanze della Knesset e hanno interrotto urlando la riunione per chiedere al governo di fare di più per garantire il rilascio dei loro familiari. "Non vi siederete qui mentre i nostri figli muoiono – hanno gridato alcuni parenti – ci ascolterete, non c’é più commissione, né Knesset, c’é un solo argomento di cui vi dovete occupare, la liberazione degli ostaggi". Riuniti davanti al Parlamento israeliano per chiedere nuove elezioni e il rilascio degli ostaggi, i manifestanti avevano in precedenza bloccato l’ingresso della Knesset, facendo scattare l’intervento della polizia.
Da domenica sera un gruppo si era anche accampato vicino alla residenza del premier Netanyahu, chiedendo un accordo per farli rilasciare. "Siamo venuti per far sentire la nostra voce – ha detto Noa Rahamim, il cui cugino, il sergente Matan Angrest, è detenuto a Gaza – Ogni giorno muoiono nelle mani di Hamas. Ogni giorno viene annunciato che un altro ostaggio è stato ucciso. Semplicemente non si può andare avanti così e siamo venuti alla Knesset per chiedere che si alzino e facciano qualcosa. Nessuno ci zittirà".
Una delegazione di una quindicina di familiari è stata anche ricevuta Netanyahu. Il premier ha detto che "non c’è una proposta vera di Hamas per il rilascio degli ostaggi mentre Israele ha una iniziativa" sulla quale si è però rifiutato di fornire qualsiasi dettaglio. "Ci lavoro 24 ore su 24 – ha detto Il primo ministro israeliano – ma sia chiaro che rifiuto apertamente le inaccettabili condizioni proposte da quei mostri di Hamas, che ha chiesto la fine delle ostilità, il rilascio dei prigionieri palestinesi e il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza. In cambio, si impegnerebbe a rilasciare gli ostaggi israeliani presi il 7 ottobre. Se accettassimo questo, i nostri soldati sarebbero caduti per niente e non saremmo in grado di garantire la sicurezza dei nostri cittadini".
La comunità internazionale, Usa in prima fila, continua nel frattempo a premere perché Netanyahu, in prospettiva, accetti l’idea dei due Stati. "Il Regno Unito – ha detto il premier britannico Rishi Sunak – crede fermamente rispetto al conflitto in Medio Oriente che la soluzione dei due Stati, con uno palestinese vitale e sovrano che conviva accanto a un Israele sicuro e protetto, sia la via migliore verso una pace duratura".
In questo senso si sono espressi anche la ministra degli Esteri tedesca e il ministro degli Esteri italiano. "Mercoledì e giovedì – ha detto Tajani – sarò in Libano, Israele e Palestina. Noi non abbiamo mai cambiato posizione la nostra è sempre stata: due popoli, due Stati". "Sono tutti d’accordo – ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell – che il bilancio di decessi tra i civili é eccessivo, che più morte, più distruzione, non aiuteranno a sconfiggere Hamas, non porteranno sicurezza a Israele, ma il contrario".
Il ministero degli Esteri israeliano intanto nega categoricamente quanto riferito da The Guardian secondo cui il ministro degli Esteri Israel Katz, durante la riunione del Consiglio Affari Esteri dell’Ue, avrebbe sollevato l’idea di ospitare temporaneamente gli abitanti di Gaza su un’isola artificiale nel Mediterraneo . "Non ha mai detto una cosa del genere, e non c’è un piano del genere", ha detto il suo portavoce. L’isola artificiale è una proposta del 2017 di Katz, ma è relativa allo sviluppo del porto di Gaza.
Alessandro Farruggia