Non ha partecipato alla riunione in collegamento virtuale del G7, presieduta ieri da Giorgia Meloni nella chiesa Santa Sofia di Kiev: nonostante l’importanza simbolica dell’appuntamento, proprio all’inizio del terzo anno di guerra nell’Ucraina aggredita da Putin, il presidente francese Emmanuel Macron ha preferito restare a Parigi. Motivo ufficiale: doveva inaugurare, ieri mattina, il Salone dell’agricoltura (dove è stato coperto di fischi e di slogan che reclamavano le sue dimissioni). Una spiegazione che tuttavia non appare molto convincente. Al suo posto, in collegamento video, il ministro degli Esteri Stéphane Séjourné. "Ha avuto una giornata difficile" è stata la risposta tagliente di Giorgia Meloni.
Certo nessun presidente francese si è mai sognato di mancare l’incontro con una categoria sociale – gli agricoltori – che ha un fortissimo peso politico, oggi più che mai, e non solo a Parigi. Ma l’assenza di Macron al G7 presieduto dall’Italia ha probabilmente altri risvolti. Basta guardare il calendario: giusto domani si riuniranno all’Eliseo i Capi di Stato e di governo, o i loro rappresentanti, invitati da Macron per una conferenza a sostegno dell’Ucraina. Ci sarà il cancelliere Olaf Scholz, a riprova del fatto che l’asse franco-tedesco è più forte che mai. Non ci sarà invece Meloni, stanca dopo il faticoso tragitto di andata e ritorno in treno Polonia/Ucraina.
Due vertici praticamente nelle stesse ore, uno a Parigi, l’altro a Kiev, per discutere le stesse cose, cioè come aiutare Zelensky e il popolo ucraino in questa fase drammatica del conflitto, sono troppi per Macron, che nonostante le dichiarazioni d’amore per l’Italia continua a non amare Meloni. Il vertice più importante, ai suoi occhi, è evidentemente il suo. Tanto più che, a tre anni dalla scadenza del suo mandato presidenziale, Macron non fa mistero dell’ambizione di pesare sempre di più in Europa. Parigi e Bonn, sostiene, hanno la missione di pilotare il progetto strategico di una difesa comune europea, fortemente auspicabile nel momento in cui la Russia si fa sempre più aggressiva e gli Stati Uniti sembrano disinteressarsi gradualmente del Vecchio Continente. Per sperare di ottenere il risultato di una vera intesa nei settori della politica estera e della difesa, occorre che ci sia una perfetta fiducia tra i partners: possibilissima con Scholz, molto meno con Meloni.
Intanto a Parigi vanno avanti i colloqui per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas. "Sono stati molto buoni, con significativi progressi", fanno sapere fonti vicine ai negoziati. Ora starebbe ad Hamas, più propenso a rinunciare ad alcune richieste dopo la dura presa di posizione di Benjamin Netanhyau, decidere le sorti: ci sarebbe già una bozza dell’accordo. Da una parte la fine degli attacchi israeliani sulla Palestina, soprattutto nella Striscia di Gaza, dall’altra il rilascio degli ostaggi. E, soprattutto, un parte dell’Ibf (esercito israelino) rimarrebbe su Gaza. La data sarebbe molto vicina: l’obiettivo è trovare l’accordo prima dell’inizio del Ramadan, ovvero il 10 marzo.