Lunedì 29 Aprile 2024

L’inferno di Gaza. Sfuma (ancora) la tregua. Migliaia di profughi marciano verso Nord

Anziani, donne e bambini cercano di rientrare a casa. Ma Israele sbarra la strada. Terroristi contrari alla mediazione sugli ostaggi: serve un cessate il fuoco permanente.

L’inferno di Gaza. Sfuma (ancora) la tregua. Migliaia di profughi marciano verso Nord

L’inferno di Gaza. Sfuma (ancora) la tregua. Migliaia di profughi marciano verso Nord

Gaza è sempre più sola. Alla viglia dell’attacco iraniano, è tramontato l’ultimo tentativo di trovare un accordo che potesse portare ad una tregua di sei settimane e alla liberazione di una parte – 40 – degli ostaggi israeliani e di 900 detenuti palestinesi, tra i quali un centinaio di esponenti di Hamas. Ma Hamas ha detto ai negoziatori egiziani che la bozza non era sufficiente. Non poteva essere sottoscritta.

"Hamas – ha affermato l’organizzazione palestinese in una nota ufficiale – è pronta a concludere un serio e reale accordo di scambio di prigionieri tra le due parti, ma riafferma le sue richieste e quelle del nostro popolo: un cessate il fuoco permanente, il ritiro dell’esercito di occupazione da tutta la Striscia di Gaza, il ritorno degli sfollati nelle loro aree e nei luoghi di residenza, l’intensificazione dell’ingresso degli aiuti umanitari e l’inizio della ricostruzione".

In pratica, la fine della guerra a Gaza. E questo è inaccettabile per Israele. "Il rifiuto della proposta dei tre mediatori che prevedeva un margine di flessibilità significativamente maggiore da parte israeliana – replicano in una dichiarazione l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del Mossad – dimostra che il leader di Hamas Yahya Sinwar non è interessato ad un accordo umanitario e al ritorno degli ostaggi, e continua ad approfittare delle tensioni con l’Iran per cercare di unire i teatri e realizzare un`escalation generale nella regione. Contrariamente a quanto riportato l’unico ostacolo alla liberazione degli ostaggi è Hamas, e non la parte israeliana. Tra le altre cose Hamas chiede la fine della guerra e il ritiro completo dell’Idf da Gaza. Il governo e le forze di sicurezza israeliane sono concordi nel respingere queste richieste deliranti". La scelta israeliana di personalizzare chiamando in causa direttamente Sinwar, capo di Hamas a Gaza, riflette una percepita divisione tra i negoziatori palestinesi e sarebbe un tentativo di renderla palese per allargarla.

Ma certo, passato anche il Ramadan e superata brillantemente la ritorsione iraniana, la prospettiva di Israele è continuare le operazioni a Gaza. Da notare che le forze israeliane ieri hanno smentito le notizie – diffuse dai media palestinesi – secondo cui sarebbe stato permesso ai palestinesi, almeno donne e bambini fino ai 14 anni, di tornare nel nord di Gaza. "Queste notizie sono false e conmpletamente infondate – ha replicato Tsahal, l’esercito israeliano – l’Idf non permetterà il ritorno dei residenti, la zona nord di Gaza è infatti ancora una zona di combattimento". Resta così il dramma per la popolazione civile schiacciata fra i due fuochi nella Striscia. In decina di migliaia si sono messi in marcia ieri per rientrare nel Nord. Tutto inutile.

Stante la rigidità delle due parti, la comunità internazionale continua a premere ma con poco costrutto, vista la non disponibilità a fare passi incisivi. Il leader del G7 ieri hanno rivolto un appello "per porre fine alla crisi a Gaza attraverso la cessazione delle ostilità e il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas" ribadendo le parole di sempre e promettendo che "rafforzeremo la nostra cooperazione per porre fine alla crisi a Gaza, anche continuando a lavorare per un cessate il fuoco immediato e sostenibile e per il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas".

Ma il "lavorare per il cessate il fuoco" sembra una formula vuota. E un appello, l’ennesimo, lo ha rivolto anche il Papa, al termine del Regina Coeli. "Nessuno - ha detto Francesco – deve minacciare l’esistenza altrui, tutte le nazioni si schierino dalla parte della pace e aiutino gli israeliani e i palestinesi a vivere in due Stati".