Gaza è sempre più sola. Alla viglia dell’attacco iraniano, è tramontato l’ultimo tentativo di trovare un accordo che potesse portare ad una tregua di sei settimane e alla liberazione di una parte – 40 – degli ostaggi israeliani e di 900 detenuti palestinesi, tra i quali un centinaio di esponenti di Hamas. Ma Hamas ha detto ai negoziatori egiziani che la bozza non era sufficiente. Non poteva essere sottoscritta.
"Hamas – ha affermato l’organizzazione palestinese in una nota ufficiale – è pronta a concludere un serio e reale accordo di scambio di prigionieri tra le due parti, ma riafferma le sue richieste e quelle del nostro popolo: un cessate il fuoco permanente, il ritiro dell’esercito di occupazione da tutta la Striscia di Gaza, il ritorno degli sfollati nelle loro aree e nei luoghi di residenza, l’intensificazione dell’ingresso degli aiuti umanitari e l’inizio della ricostruzione".
In pratica, la fine della guerra a Gaza. E questo è inaccettabile per Israele. "Il rifiuto della proposta dei tre mediatori che prevedeva un margine di flessibilità significativamente maggiore da parte israeliana – replicano in una dichiarazione l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del Mossad – dimostra che il leader di Hamas Yahya Sinwar non è interessato ad un accordo umanitario e al ritorno degli ostaggi, e continua ad approfittare delle tensioni con l’Iran per cercare di unire i teatri e realizzare un`escalation generale nella regione. Contrariamente a quanto riportato l’unico ostacolo alla liberazione degli ostaggi è Hamas, e non la parte israeliana. Tra le altre cose Hamas chiede la fine della guerra e il ritiro completo dell’Idf da Gaza. Il governo e le forze di sicurezza israeliane sono concordi nel respingere queste richieste deliranti". La scelta israeliana di personalizzare chiamando in causa direttamente Sinwar, capo di Hamas a Gaza, riflette una percepita divisione tra i negoziatori palestinesi e sarebbe un tentativo di renderla palese per allargarla.
Ma certo, passato anche il Ramadan e superata brillantemente la ritorsione iraniana, la prospettiva di Israele è continuare le operazioni a Gaza. Da notare che le forze israeliane ieri hanno smentito le notizie – diffuse dai media palestinesi – secondo cui sarebbe stato permesso ai palestinesi, almeno donne e bambini fino ai 14 anni, di tornare nel nord di Gaza. "Queste notizie sono false e conmpletamente infondate – ha replicato Tsahal, l’esercito israeliano – l’Idf non permetterà il ritorno dei residenti, la zona nord di Gaza è infatti ancora una zona di combattimento". Resta così il dramma per la popolazione civile schiacciata fra i due fuochi nella Striscia. In decina di migliaia si sono messi in marcia ieri per rientrare nel Nord. Tutto inutile.
Stante la rigidità delle due parti, la comunità internazionale continua a premere ma con poco costrutto, vista la non disponibilità a fare passi incisivi. Il leader del G7 ieri hanno rivolto un appello "per porre fine alla crisi a Gaza attraverso la cessazione delle ostilità e il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas" ribadendo le parole di sempre e promettendo che "rafforzeremo la nostra cooperazione per porre fine alla crisi a Gaza, anche continuando a lavorare per un cessate il fuoco immediato e sostenibile e per il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas".
Ma il "lavorare per il cessate il fuoco" sembra una formula vuota. E un appello, l’ennesimo, lo ha rivolto anche il Papa, al termine del Regina Coeli. "Nessuno - ha detto Francesco – deve minacciare l’esistenza altrui, tutte le nazioni si schierino dalla parte della pace e aiutino gli israeliani e i palestinesi a vivere in due Stati".