ROMA
Quattro fonti russe avrebbero detto all’agenzia Reuters che il presidente Vladimir Putin sarebbe "pronto a fermare la guerra in Ucraina" con un cessate il fuoco negoziato che "riconosca le attuali linee del campo di battaglia". Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha subito precisato che "il presidente ha ripetutamente affermato di essere pronto per negoziati, ma per raggiungere gli obiettivi che stiamo perseguendo ora attraverso l’operazione militare speciale. Questi obiettivi sono chiari e comprendono i quattro nuovi territori come prevede la Costituzione", e non solo le aree occupate.
In conferenza stampa con Lukashenko, in Bielorussia, Putin è andato oltre, facendo generiche aperture e lanciando però un siluro contro Zelensky, per delegittimarlo. "La Russia – ha detto – non ha mai rifiutato di partecipare ai negoziati di pace. Ma se sia arriva a negoziati dobbiamo ovviamente capire con chi abbiamo a che fare e con chi possiamo trattare per firmare documenti giuridicamente vincolanti, e poi dobbiamo essere completamente sicuri che abbiamo a che fare con autorità legittime, e naturalmente siamo consapevoli che la legittimità dell’attuale capo di Stato sia venuta meno", ha detto Putin, riferendosi al fatto che il mandato presidenziale di Zelensky sia scaduto lo scorso 20 maggio. "Con chi dobbiamo trattare? – ha aggiunto – a questa domanda deve rispondere l’Ucraina, penso prima di tutto il Parlamento e la Corte costituzionale".
Piantato questo paletto, chiaramente inaccettabile per l’Ucraina e l’Occidente, Putin ha detto che un un negoziato per la fine del conflitto in Ucraina è possibile solo "sulla base della bozza d’accordo delineata tra negoziatori russi e ucraini a Istanbul" nel marzo/aprile del 2022. E qui sta il punto. In Turchia le parti negoziarono 14 o 15 bozze. Secondo le bozze del 12 e 15 aprile, le ultime era escluso un ingresso dell’Ucraina nella Nato parlò molto di garanzie di sicurezza per Kiev (e ogni parte aveva una sua idea), di dimensione dell’esercito ucraino (gli ucraini volevano un esercito in tempo di pace di 250.000 persone; i russi insistettero per un massimo di 85.000). I russi pretesero la modifica di una serie di leggi ucraine per "combattere il fascismo, il revisionismo e il nazionalismo aggressivo" e avrebbero dato una disponibilità di massima a rinviare di 15 anni la definizione della sovranità sulla Crimea (secondo alcune fonti anche del Donbass) lasciando ad un eventuale incontro Putin-Zelensky la delicatissima questione delle altre aree occupate. E’ una base negoziale sulla quale oggi si potrebbe ripartire, anche se è lontana dall’accettabile per le due parti. Nel frattempo la guerra continua e il premier ungherese Viktor Orban ha lanciato l’allarme per quelli che ha denunciato come "i preparativi dell’Europa, per una entrata in guerra" contro la Russia. Ma Budapest, ha avvertito, sta già lavorando a una soluzione legale per "ridefinire" il suo status di Paese membro della Nato. Dividere l’occidente è sempre stata la linea di Putin. E Orban ne è fedele strumento.
Alessandro Farruggia