Venerdì 8 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

La morte del presidente Raisi. Stretta social su chi dissente: "La repressione sarà più dura"

In migliaia al corteo funebre. Oggi l’ayatollah Khamenei guiderà le preghiere pubbliche. L’attivista per i diritti umani Pegah Pour: chi si oppone può affidarsi solo alla disobbedienza civile.

La morte del presidente Raisi. Stretta social su chi dissente: "La repressione sarà più dura"

La morte del presidente Raisi. Stretta social su chi dissente: "La repressione sarà più dura"

Pegah Moshir, come ha reagito lei, esponente dell’Iran che lotta per la democrazia e i diritti umani, alla notizia della morte del presidente Raisi?

"All’inizio ero scettica, le versioni erano contrastanti, e comunque del regime nessuno si fida. Ho aspettato per capire. Ma viste le reazioni in Iran, dove in tanti festeggiavano, mi è parso chiaro che era davvero successo, che il regime cercava solo di rinviare la notizia della morte di Raisi. Che infatti poi è stata data. Molti iraniani hanno letto quanto successo come una punizione divina per tutto quello che Raisi ha fatto quando faceva parte del comitato della morte che ha portato a uccisioni di massa. Un periodo per il quale si meritò la definizione di macellaio di Teheran".

Che succede adesso?

"Neanche con la morte di Raisi cambierà nulla in Iran. Era e sarà ancora solo la Guida Suprema che deciderà la linea politica interna ed esterna. Sceglieranno un altro personaggio disponibile ad essere fedele e zelante esecutore delle volontà di Khamenei: poco più di una marionetta. E la repressione sarà, se possibile, ancora più dura".

Si dice che l’astensionismo è la sola forma di dissenso possibile. Concorda?

"È così. Tutti i candidati che verranno proposti saranno espressione della Guida Suprema, non ci sarà possibilità di alcuna scelta democratica: saranno una farsa alla quale si risponde non partecipandovi. Astenersi è un altro modo di votare, per dare il segnale che la gente non si sente rappresentata da questo regime e vuole un cambiamento radicale e per questo continua ad attuare la disobbedienza civica nonostante gli arresti operati anche in queste ore dalla famigerata polizia morale".

La morte di Raisi può far ripartire le proteste di piazza del 2021-2022?

"Non penso che accadrà, anche se il regime è molto impopolare nell’intero Paese, fra tutte le etnie. Non ci sono le condizioni per fare delle manifestazioni, anche se da qui al voto diversi scenari possono aprirsi. Dipenderà molto da quali saranno i candidati alle elezioni: se fossero veramente indecenti, chissà. Ma ad oggi la realtà è che la repressione del regime è così capillare che il massimo che probabilmente si potrà fare è proseguire una sistematica disobbedienza civile, ad esempio rifiutandosi di indossare il velo e sostenendo chi si rifiuta di indossarlo. E ovviamente non partecipare ad elezioni farsa".

Il regime reagisce con durezza perché ha paura della crescente disaffezione del popolo o perché nella sua arroganza è convinto di poter continuare a sottometterlo alla sua spietata legge?

"Il regime fa come il pavone, fa la ruota per mostrarsi splendido. Ma sa bene che ci sono delle profonde crepe nella sua legittimazione. Sa che la popolazione iraniana è molto giovane ed è istruita ed è ormai consapevole dei suoi diritti e della necessità di un cambiamento. Il regime sa solo usare la mano dura, e attingere alla retorica dell’accerchiamento e della demonizzazione di Stati Uniti e Israele. Ma il suo destino è segnato. All’Occidente chiediamo coraggio: deve inserire nella lista delle organizzazioni terroristiche il corpo dei Guardiani della Rivoluzione, e mostrare fermezza contro un regime corrotto e oscurantista che dal 2022 ha addirittura rafforzato le norme che negano i diritti civili e in particolare l’azione contro le donne e il loro corpo. Il regime si crede immortale, ma nel lungo periodo niente potrà salvarlo".