
Kerry Kennedy (Ansa)
Rimini, 10 aprile 2016 - Kerry Kennedy, è stata premiata a San Patrignano nell'ambito del 'Positive economic Forum' per il suo impegno a favore dei diritti umani con la fondazione Robert F.Kennedy Human Rights, intitolata al padre, ucciso il 6 giugno 1968, quando lei non aveva ancora compiuto 9 anni. Da anni Kerry Kennedy gira il mondo per promuovere il rispetto dei diritti umani e la legalità.
Signora Kennedy, l'Europa sta osservando le primarie americane con preoccupazione. La concezione ideologica che è emersa nel campo repubblicano sembra quasi negare storici diritti. Non sentiamo certo parlare di diritti umani...
"Non nel caso dei democratici. Hillary ne parla spesso”, sorride Kerry Kennedy.
Ma i repubblicani?
“Normalmente nelle campagne elettorali repubblicane non si parla di diritti umani, ma questa volta è peggio, perché sono addirittura contro i diritti umani. Cruz sostiene che dovremmo incrementare i controlli di polizia verso i nostri vicini, Trump attacca donne, giornalisti, messicani, gli ispanici... Il problema quindi non è che non si interessano di diritti umani, ma che sono contro i diritti. E questo preoccupa di più”.
Osservando questa campagna elettorale vediamo due Americhe completamente diverse...
“La posizione emersa dai repubblicani in queste elezioni riguarda i nostri valori. Gli Stati Uniti sono il paese più potente nel mondo ma non è l'economia a renderci più forti, nè l'esercito, ma è l'idea stessa di America. Questa idea è la forza più grande: l'idea di libertà, di opportunità, di meritocrazia, l'idea di un paese che si basa sul Bill of Right. Questi sono i valori che Donald Trump e Ted Cruz non accettano”.
Solo loro?
“Guardi che ci sono moltissimi repubblicani che si riconoscono in questi valori, idee che fanno parte dell'America. Il problema è che le due persone in testa al ticket repubblicano oggi, Trump e Cruz, non li considerano come propri valori”.
L'evoluzione che avrà gli Stati Uniti non è ininfluente per l'Europa, che è ancora scossa dalla coda della crisi economica...
“Certo, ed è in realtà è nell'interesse del nostro paese assicurarsi che gli alleati siano forti. Di fronte alla crisi finanziaria ci sono due strade: si può scegliere un severo piano di austerità, oppure si può assicurare massicci interventi statali e riportare l'economia ai livelli di prima. Durante la presidenza di Obama in America abbiamo scelto la seconda soluzione. E la disoccupazione si è dimezzata. L'Europa ha fatto la scelta opposta. E abbiamo visto che disastro, particolarmente in Grecia. Vediamo le difficoltà in Italia”.
Quindi che cosa dovrebbe fare l'America per noi?
“Dovrebbero supportare la ricrescita dell'economia, anche in Italia. La nostra politica più decisa dovrebbe essere focalizzata ad aiutare l'Unione europea a rigenerare l'economia”.
Anche perché oltre alla crisi economica oggi dobbiamo affrontare la crisi dei rifugiati fuggiti dalla Siria.
“Sì, conosco la situazione, sono stata nei campi profughi in Grecia alcuni giorni fa e ho incontrato il ministro all'Immigrazione...”
Che ne pensa dell'accordo con la Turchia?
“Sono preoccupata, in primo luogo perché mi preoccupa ciò che legittima decisioni senza processo, nel silenzio. Il secondo motivo di preoccupazione è legato al trattamento dei rifugiati in Turchia. Un terzo motivo è più generale: in Turchia c'è un milione di migranti e l'Europa ha centinaia di milioni di abitanti. Non dovrebbe essere difficile assorbire queste persone in Europa”.
Secondo lei perché l'Europa non riesce a integrarli?
“Il problema è che l'Europa non è attrezzata a integrare i migranti nella sua società. La prima cosa di cui c'è bisogno per integrare è che la gente arrivata lavori, che abbia un'abitazione e un'educazione”.
In Europa al contrario cresce il potere di partiti e leader populisti. E' in crisi l'idea solidale di Europa?
“E' vero, sono in crescita. Ma il tema non è silenziare questi gruppi xenofobi, ma costruire un senso di solidarietà che isoli gli estremisti. Fare in modo che la maggioranza della gente pensi che siano dei pazzi, che li lasci soli nella loro follia”.
In che modo?
“Il Robert Kennedy Human Rights, ad esempio, in Italia sta lavorando a un programma di educazione ai diritti umani che si chiama “Voce contro il potere”. Mostriamo agli studenti che sono in grado di creare un cambiamento nelle loro classi, nelle comunità, nel paese. Che possono rafforzare il senso di democrazia ed empatia se imparano a guardare gli altri come esseri umani e non come alieni”.
Il nodo è la convivenza con gli islamici?
“Qualcuno pensa che i musulmani non siano adatti alla democrazia, ma in America abbiamo grandissime comunità di musulmani, a Detroit ad esempio, completamente integrate nella democrazia. Esprimono anche sindaci”.
In Europa abbiamo scoperto di avere interi quartieri fuori controllo, in mano a estremisti islamici, come si è visto a Bruxelles.
“Si vede la mancanza di un processo di integrazione che faccia sentire la gente inserita nella società”.
Stiamo sbagliando?
“Non potete contestare ai migranti di non sentirsi membri del paese se possono solo lavorare in nero, se i bambini non possono andare a scuola, se sono esclusi dai servizi sanitari. E' ovvio che poi si uniscono in comunità chiuse e sono arrabbiati. Anche io sarei arrabbiata. Uno dei progetti in Italia della nostra fondazione è finalizzato a fare incontrare i leader economici per parlare del ruolo dell'economia nell'integrazione dei nuovi migranti”.