di Alessandro Farruggia
Per dirla con Esopo, la montagna ha prodotto il topolino. L’attesa rappresaglia israeliana all’attacco iraniano di sabato notte c’è stata – anche se Israele non conferma né smentisce – ma si è declinata in un messaggio alla leadership iraniana: se insistete, potremmo colpire il vostro programma nucleare. È stato un attacco ispirato al principio "escalate to de-escalate" (aumentare l’intensità proprio per poterla ridurre, ndr). Teheran allo stato non ha intenzione di andare allo scontro militare diretto con un Paese nucleare che ha al suo fianco gli Usa e così ha minimizzato la portata dell’attacco attribuendolo a tre piccoli droni quadricotteri. Il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, senza accusare lo Stato ebraico, ha definito l’attacco un "fallimento", "dipinto come vittoria ed esagerato dai media filo-israeliani", sottolineando che i droni sono stati abbattuti senza fare danni o vittime.
Veniamo ai fatti. Attorno alle 4.10 ora italiana forti esplosioni si sono verificate vicino Isfahan e l’Iran ha chiuso lo spazio aereo. La spiegazione ufficiale è che l’aeroporto di Isfahan, sul quale insiste anche la base aerea di Khatami che ospita gli ultimi 20 vecchi F14 Tomcat iraniani, sarebbe stata attaccata da tre droni quadricotteri che sono stati abbattuti senza fare danni e che sarebbero stati lanciati da sabotatori penetrati nell’Iran. Alcune ore più tardi le immagini satellitari dal Times of Israel mostreranno danni a un sistema radar vicino all’aeroporto che faceva parte delle difese aeree dell’impianto nucleare iraniano di Natanz. L’ipotesi droni non era improbabile dato che il 28 gennaio del 2023 proprio ad Isfahan quattro piccoli quadricotteri israeliani – prsumibilente dei Rotem L – avevano attaccato e lievemente danneggiato la fabbrca d’armi e droni Tohid.
Stavolta pare però, secondo fonti americane, che l’azione sia stata diversa e la mossa iraniana di dare la colpa ai piccoli droni Rotem L serva solo a minimizzarla. Gli obiettivi dell’attacco erano una radar e sistemi di difesa aerea presso la base aerea di Khatami, che viene utilizzata per proteggere gli impianti nucleari vicini. Non l’impianto di Natanz – chiave per l’arricchimento dell’uranio ma ormai celato in tunnel profondi – che si trova a ben 153 chilomenti dall’aeroporto di Isfahan, ma altri due impianti esistenti e uno la cui costruzione è appena iniziata. Si tratta dell’“Uranium conversion facility“che produce esosfluoruro di uranio arricchito al 5% e il “Nuclear Technogy Center“ che si teme possa fornire un importante apporto tecnologico al programma nucleare militare iraniano e nel quale – ciliegina sulla torta – il 5 di febbraio di quest’anno è stata annunciata la costruzione di un nuovo reattore sperimentale da 10 megawatt. Per “mandare un messaggio“ gli israeliani avrebbero usato alcuni aerei F35 che hanno lanciato da fuori del territorio iraniano alcuni missili che hanno distrutto il radar e un paio di postazioni antiaeree. "Gli israeliani hanno colpito ciò che intendevano colpire – ha detto una fonte militare a Fox News – e l’obiettivo principale è stato centrato più volte".
Naturalmente gli israeliani non confermano e gli americani si chiamano fuori. Al G7 dei ministri degli Esteri a Capri, il segretario di Stato Anthony Blinken ha ripetuto che "non siamo coinvolti in alcuna operazione offensiva e che stiamo lavorando alla de-escalation". E fonti della Casa Bianca hanno affermato che "Tel Aviv aveva preavvisato di un attacco imminente", "senza però che la Casa Bianca desse luce verde o il suo sostegno". Adesso la speranza è che il confronto aperto tra Teheran e Gerusalemme finisca qui. Nella notte, un’altra maxi esplosione è stata registrata, stavolta in Iraq, a sud di Baghdad. L’Iraq, nemico storico dell’Iran, negli ultimi anni si è avvicinato molto alla politica anti saudita e anti Israeliana del regime di Teheran.