Martedì 30 Aprile 2024

Israele prepara la risposta: “Faremo tutto per difenderci”. L’Iran schiera i missili russi, Hezbollah attacca in Galilea

Netanyahu tira dritto nonostante gli inviti alla moderazione di Gran Bretagna e Germania Raisi invoca l’unità dei Paesi musulmani. Erdogan invita il leader di Hamas in Turchia

Roma, 18 aprile 2024  – Il conto alla rovescia per l’attacco israeliano prosegue inesorabile. L’Iran lo sa, e mentre fa sgomberare alcune basi in Siria dei suoi Guardiani della Rivoluzione, in modo da sottrarli ai prevedibili raid di Tsahal, muove Hezbollah a colpire ancora oltre il confine con due droni e altrettanti missili anticarro, facendo ben 18 feriti – sei dei quali gravi e uno gravissimo – tra soldati israeliani (14) e civili (4) di Arab al-Aramshe, un villaggio beduino a tre chilometri dalla frontiera libanese. Una azione che mostra che lo scudo antimissile e antidrone israeliano ha qualche incertezza di fronte a droni lanciati da breve distanza.

Droni iraniani in mostra a Teheran (Ans)
Droni iraniani in mostra a Teheran (Ans)

Su tutto Teheran sparge grandi dosi di retorica. “L’attacco di rappresaglia dell’Iran contro Israele – ha detto il presidente iraniano Ebrahim Raisi, durante un discorso – è stata un’azione limitata e punitiva contro il regime, ma se l’Iran avesse deciso di colpire Israele in modo più deciso, non sarebbe rimasto nulla. E se i sionisti intraprenderanno qualsiasi azione contro i nostri interessi, la risposta dell’Iran sarà molto più dura”. Il capo dell’aviazione iraniana ha persino minacciato di usare i gloriosi caccia russi Sukhoi 24, in servizio dalla metà degli anni ’70: una mossa suicida che l’aviazione israeliana dopotutto si augura, per abbatterli.

Raisi – sorvolando sulla profonda spaccaura tra sciiti e sunniti, tenta anche la carta della creazione di fronte musulmano. «Gli Stati della regione, invece di avere legami con Israele – ha sostenuto Raisi – dovrebbero fare affidamento sulle proprie risorse e sulle forze musulmane».

Il solo Paese sunnita che si presta a questa retorica, ma soprattutto per vicinanza politica ad Hamas, è la Turchia. “È evidente – ha detto il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan in una conferenza stampa in Qatar – che Netanyahu sta cercando di trascinare la regione nella guerra per rimanere al potere”. Fidan ha detto di aver parlato “tre ore” a Doha con il capo di Hamas Ismail Haniyeh, sarà ricevuto questo fine settimana in Turchia dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Per il resto, la partecipazione attiva dei giordani alla caccia a missili e droni iraniani e le informazioni radar e di intelligence segretamente fornite da Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati, oltre all’apertura dello spazio aereo iracheno ai caccia occidentali, raccontano una storia opposta. Ma tant’è.

Di sicuro Israele va dritto per la sua strada. “Apprezzo tutti i tipi di suggerimenti e consigli ma voglio che sia chiaro: prenderemo le nostre decisioni e lo Stato di Israele farà tutto il necessario per difendersi”, ha chiarito il primo ministro Netanyahu dopo aver incontrato il ministro degli Esteri britannico David Cameron e la collega tedesca Annalena Baerbock, arrivati a Gerusalemme per chiedere di evitare un’escalation. “Ringrazio i nostri amici per il loro sostegno alla difesa di Israele. Ci danno anche consigli – ha detto il premier – e questo lo apprezzo, ma voglio che sia chiaro che noi prenderemo le nostre decisioni, e lo Stato di Israele farà tutto il necessario per difendersi”. “Dovevamo dire quello che abbiamo detto, ma è chiaro che gli israeliani – ha commentato il ministro degli Esteri britannico David Cameron – intendono agire. Ci auguriamo che lo facciano in un modo che aggravi il meno possibile la situazione”. Sul come e il quando Israele manda volutamente segnali contrastanti per confondere Teheran. Prima si è parlato di venerdì, poi di lunedì, ora l’ultima voce è quela di un rinvio a “dopo il 30 aprile“. Ma l’Iran, e giustamente, non si fida.