ROMA
Gli Stati Uniti mettono in guardia Israele su una operazione di terra a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dove sono sfollati oltre un milione di civili. "Effetttuare una azione del genere in una area dove si trovano più di un milione di persone senza una pianificazione adeguata e credibile, pianificazione, che ancora non vediamo, e con poca riflessione, sarebbe un disastro e non la sosterremmo", ha affermato il vice portavoce del Dipartimento di Stato, Vedant Patel. Anche Il Cairo manifesta tutta la sua preoccupazione per la situazione a Rafah. Il portavoce del ministero degli esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid, ha affermato che l’Egitto vede la situazione a Rafah, "insostenibile e catastrofica" e ha avvertito che "non consentirà spostamenti in massa di profughi da Gaza all’Egitto".
Nel frattempo il segretario di stato Antony Blinken – nella sua opera di pressione verso Israele – dopo aver incontrato mercoledì a Ramallah, in Cisgiordania, il leader del’Anp Abu Mazen al quale ha detto che "gli Stati Uniti sostengono la creazione di uno Stato palestinese indipendente come la via migliore per garantire pace e sicurezza durature sia per i palestinesi che per gli israeliani", ieri a Tel Aviv ha visto l’ex ministro della Difesa israeliano Benny Gantz e Gadi Eisenkot, membri del gabinetto di guerra. Ha poi incontrato anche il leader dell’opposizione Yair Lapid e le famiglie dei prigionieri israeliani detenuti a Gaza.
Hamas da parte sua ha annunciato ieri mattina che una delegazione guidata da Khalil al-Hayya, vice capo del movimento a Gaza, è arrivata nella capitale egiziana, per proseguire i colloqui sul cessate il fuoco con Israele. Anche il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, sarà a Il Cairo. L’intelligence israeliana ritiene che il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, sia "irraggiungibile" e senza possibilità di contatti da una decina di giorni e che dunque non abbia avuto alcuna interlocuzione con i mediatori di Qatar e dell’Egitto. Certo è che l’intesa sembra essere finita in un cul de sac per le posizioni rigide di entrambe le parti in causa.
Israele non ha alcuna fretta, mentre Hamas cerca di ottenere concessioni che gli israeliani non intendono assolutamente dare. Ieri pomeriggio si è svolta una riunione del gabinetto di guerra israeliano per discutere i negoziati in corso per la liberazione degli ostaggi. La controproposta di Hamas è stata rifiutata mercoledì dal premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha definito le richieste del Movimento islamico “deliranti”, ma l’intenzione è mantenere un filo di dialogo, seppure senza fare troppe concessioni. Due sono i punti chiave per Israele: che la Striscia venga completamente “ripulita“ da Hamas, che venga poi gestita da palestinesi che che non siano espressione di Hamas o dell’Anp e che i prigionieri palestinesi liberati in cambio degli ostaggi israeliani non potranno essere stati condannati per reati di sangue.
Alessandro Farruggia