Si sono visti quasi all’alba. Una stretta di mano obbligata e fredda.Nessun abbraccio. L’America di Joe Biden, come ha ripetuto a Tel Aviv il segretario di Stato Antony Blinken, rimane al fianco di Israele. E ci resterà. Forse però la Casa Bianca non è più al fianco del premier Bibi Netanyahu che sta usando la guerra senza limiti contro i terroristi di Hamas per riscattare la sua carriera politica destinata ad un precipitoso inesorabile declino. Israele non ha mai indicato un’exit strategy dopo i terrificanti bombardamenti che non hanno risparmiato né ospedali e nemmeno scuole piene di rifugiati. Netanyahu si è limitato a dire che vuole "sradicare Hamas" senza spiegare cosa questo comporti, dal momento che a Gaza sono intrappolate oltre 2 milioni di persone che non possono andarsene.
Non è un caso se il segretario di stato Usa ha accettato di fare dichiarazioni congiunte solo col presidente israeliano Herzog, ma non con Bibi, al quale ha chiesto invece con molta fermezza "pause umanitarie" per fare arrivare acqua viveri e medicine dando assoluta priorità alla liberazione degli ostaggi.
Molti analisti ritengono che Blinken sia arrivato a Tel Aviv per dare un ultimatum a Netanyahu e ai suoi metodi spietati che stanno provocando reazioni a catena in tutto il mondo. C’è chi parla di linguaggio forte da parte di Biden. Il presidente Usa potrebbe addirittura minacciare una riduzione degli aiuti militari dopo che i consiglieri americani in Israele sarebbero stati di fatto messi ai margini dal premier. In questa corsa contro il tempo, per ridurre al massimo il numero delle vittime civili si è inserito anche il presidente francese Macron, che organizzerà il 9 novembre, una conferenza umanitaria per soccorrere gli abitanti di Gaza prevedendo anche eventuali corridoi marittimi per farli uscire dalla striscia sotto attacco.
Intanto Netanyahu ha detto no alla pausa umanitaria: "Prima Hamas liberi i prigionieri". Ostaggi nella ricerca dei quali è impegnata direttamente anche l’America con propri droni.