Giovedì 16 Maggio 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Hamas accetta la tregua: "Sì al cessate il fuoco". Ma Israele non si fida e inizia l’attacco su Rafah

L’esercito ordina ai profughi di andarsene. I palestinesi: entrate le prime truppe. Biden telefona a Netanyahu: "Dovete fermarmi". E al Cairo proseguono i colloqui.

Hamas accetta la tregua: "Sì al cessate il fuoco". Ma Israele non si fida e inizia l’attacco su Rafah

Hamas accetta la tregua: "Sì al cessate il fuoco". Ma Israele non si fida e inizia l’attacco su Rafah

Entrata ormai nella fase finale, l’estenuante trattativa fra Hamas ed Israele ha visto ieri una serie di drammatici colpi di scena. Dopo un ordine immediato di evacuazione impartito dall’esercito israeliano agli abitanti della periferia est di Rafah (fra Egitto e Gaza), Hamas ha fatto sapere di aver accettato un accordo per il cessate il fuoco e lo scambio di prigioneri, mediato da Egitto e Qatar. Quell’annuncio, giunto dal leader di Hamas Ismail Haniyeh, ha acceso speranze: fra cui, a Tel Aviv, quelle dei parenti degli ostaggi che sono scesi in strada per convincere il governo a rompere gli ultimi indugi e a mandare al Cairo una delegazione autorizzata a siglare intese. Convocato d’urgenza da Benyamin Netanyahu, il gabinetto di guerra ha esaminato la bozza di accordo elaborata da Egitto e Qatar e, dopo consultazione, ha fatto sapere che essa era "insoddisfacente".

Secondo i media, il punto principale di dissenso di un piano in tre fasi molto elaborato, distribuito in un periodo di 120 giorni, riguarda ancora la richiesta di Hamas che Israele si impegni alla conclusione del conflitto. In pratica: Hamas insiste per giocare un ruolo politico attivo nella Striscia anche dopo che le armi siano state messe a tacere. Questa per il governo israeliano sarebbe una situazione intollerabile. "Vorrebbero gettare le basi per organizzare altri 7 ottobre", ha avvertito Netanyahu.

Malgrado gli avvertimenti ripetuti anche ieri al premier israeliano dal presidente Joe Biden, per considerazioni di carattere umanitario, il gabinetto di guerra ha stabilito di portare avanti i preparativi per una operazione nella sovrappopolata Rafah, al confine fra Egitto e la Striscia. Poco dopo in quella zona è entrata in azione la artiglieria israeliana. Secondo il Consigliere per la sicurezza nazionale Zahi Hanegbi, due divisioni sono state predisposte a breve distanza da Rafah. Avranno il compito di ridurre all’impotenza quattro battaglioni di Hamas. In nottata fonti palestinesi locali hanno riferito dell’ingresso nelle aree agricole ad est di Rafah di forze israeliane di terra. "L’accordo sottoposto ad Israele è cattivo" ha fatto sapere in nottata il ministro Benny Gantz. "Eppure dobbiamo proseguire i contatti al Cairo". Il gabinetto di guerra ha autorizzato l’invio in Egitto di una delegazione di negoziatori. Netanyahu era stato sottoposto ad energiche pressioni internazionali per rinunciare ad ogni operazione militare a Rafah. Appelli in quel senso gli erano giunti – oltre che da Biden – da alcune capitali occidentali, dall’Alto rappresentante Ue Josep Borell, dall’alto commissario dell’Onu per i diritti umani Volker Turk e dall’Unrwa, la agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi.

A grandi linee l’accordo sul tavolo riguarda una graduale riduzione delle ostilità in tre fasi al termine del quale sarebbero rilasciati tutti gli ostaggi israeliani (132, metà dei quali probabilmente non più in vita) nonché un numero elevato ma ancora imprecisato di miliziani palestinesi. Un dirigente di Hamas, Halil al-Haya, ha affermato che nella prima fase, in cambio di una tregua temporanea e di un ritiro israeliano da zone fittamente abitate, Hamas rilascerebbe gli ostaggi più anziani, nonché le donne e le soldatesse. In una fase successiva – caratterizzata da un cessate il fuoco prolungato – Israele dovrebbe consentire al ritorno degli sfollati palestinesi nel nord della Striscia. Nella terza fase inizierebbe la ricostruzione di Gaza, sotto l’egida di Egitto, Qatar e di altri Paesi.

Questi sviluppi sono giunti nel giorno di lutto in cui Israele ricorda la Shoah. Nella cerimonia più solenne, durante la deposizione di corone di fiori nella Tenda della rimembranza, Netanyahu è stato affrontato a viso aperto da uno dei presenti: "Cos’altro deve succedere – ha chiesto – perché tu lasci l’incarico?". Il premier, scuro in volto, non ha reagito. In serata, dopo aver appreso dalle tv che Hamas accettava l’accordo per la liberazione degli ostaggi, migliaia di dimostranti si sono riuniti nel centro di Tel Aviv ed in diverse altre località di Israele per convincere il loro governo a concludere la trattativa. Per Netanyahu un ulteriore banco di prova: quello interno, che probabilmente è anche il più sofferto.