Domenica 6 Ottobre 2024

Gli Stati Uniti in campo: "Pronti a liberare da soli cinque ostaggi americani"

Il segretario di Stato Blinken in Israele non smentisce la notizia della Nbc. E rilancia il piano di Biden per la tregua: i Paesi arabi facciano pressione su Hamas.

di Aldo Baquis

TEL AVIV

Infaticabile come nelle precedenti otto missioni, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è tornato ieri in Israele, proveniente dal Cairo, nel tentativo di registrare progressi decisivi per una tregua a Gaza che apra la strada ad uno scambio di prigionieri. Nella fase attuale, ha affermato, occorre che i Paesi arabi esercitino pressione su Hamas perché accetti la roadmap in tre fasi indicata alla fine di maggio dal presidente Biden, basata su una piattaforma israeliana. Ma dal Qatar il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha ribadito che il blitz con cui Israele ha liberato quattro ostaggi a Gaza non ha affatto ammorbidito le sue posizioni Occorre, ha precisato, che Israele accetti la fine dei combattimenti, il ritiro totale da Gaza e la rimozione del blocco della Striscia. Solo su quella base, ha precisato, sarà possibile parlare di uno scambio di prigionieri. In serata, ha Hamas ha detto di avere accolto con favore la decisione dell’Onu.

Ad accogliere Blinken a Gerusalemme un Netanyahu rimasto privo dell’ala pragmatica del suo gabinetto di guerra, ossia di Benny Gantz e Gadi Eisenkot. Sono passati all’opposizione dopo aver maturato la sensazione che considerazioni di politica interna abbiano a volte influenzato il premier nella gestione della guerra e nelle trattative per gli ostaggi. E forse una sensazione analoga prende piede anche a Washington. Ieri la Nbc ha reso noto che se le trattative indirette fra Israele e Hamas non prendessero quota, gli Stati Uniti potrebbero cercare di liberare da soli cinque ostaggi che detengono anche la cittadinanza Usa. Pressato dai giornalisti, Blinken ha ribadito che la soluzione migliore sarebbe la liberazione in blocco degli ultimi 120 ostaggi: ma non ha smentito la notizia.

Intanto, l’uscita di Gantz dal governo ha complicato gli sforzi degli Stati Uniti di convincere Netanyahu a sostenere i piani di Biden per concludere la guerra e per rilanciare la normalizzazione fra Israele ed Arabia Saudita. Nell’entourage di Netanyahu resta adesso agli Usa un solo interlocutore di primo piano: il ministro della difesa Yoav Gallant. Ma anche questi si sta distanziando da Netanyahu. In particolare si oppone alla presentazione alla Knesset (in prima lettura) della cosiddetta ‘Legge della coscrizione’ che nella sostanza prevede la regolarizzazione di un esonero in massa dalla leva dei giovani ortodossi. Per Netanyahu quella legge è opportuna per garantire il sostegno al governo di due partiti ortodossi. Ma Gallant è determinato a sfidare la disciplina del suo partito Likud rendendosi conto che dopo il 7 ottobre l’esercito ha bisogno di arruolare il maggior numero possibile di giovani per far fronte alle nuove esigenze e per riempire le fila.

Le perdite dell’esercito includono 650 morti, 4.000 feriti e 2.000 militari in stato di post-trauma dopo i combattimenti a Gaza. La nuova legge prevede l’arruolamento iniziale di 1.700 giovani ortodossi su un potenziale annuale di 17mila. I rabbini ultrà sono però contrari anche a queste cifre e avvertono: "Chi studia la Torah non si tocca".