Patuelli*
Sembra finito un trentennio di pace. L’ormai lunga e sempre più dura guerra in Ucraina, l’esplosione dell’ennesimo conflitto in Medio Oriente, il più lungo che abbia coinvolto Israele e questa volta non Stati arabi, ma milizie armate, la libertà di circolazione nei mari minata soprattutto nel cruciale Mar Rosso, e più complessivamente una recrudescenza di un clima mondiale di tensioni, evidenziano l’esaurimento della nuova “belle epoque” di fine Novecento e di inizio anni Duemila, basata innanzitutto sulla pace est-ovest seguita alla caduta del Muro di Berlino, simbolo della guerra fredda. Mentre continua a svilupparsi una parte della globalizzazione, quella basata sulle comunicazioni, le cui evoluzioni proseguono sulla spinta di sempre più nuove tecnologie, invece frenano e rallentano altri aspetti della globalizzazione, che presuppongono un clima di pace internazionale e di maggiori libertà delle persone, e di circolazione dei denari e delle merci, frenate dai conflitti e dai connessi embarghi.
Dalla deterrenza degli armamenti, anche nucleari, della guerra fredda, ora la fine drammatica del trentennio di pace vede crescere i conflitti armati e le minacce di ricorso persino alle armi di sterminio nucleare. Dopo oltre un secolo dalla fine dell’isolazionismo degli Stati Uniti d’America, crescono le preoccupazioni e gli indizi del rischio di un nuovo isolazionismo Usa.
In questo contesto non basta certamente più un’Unione Europea basata soprattutto e quasi solamente sull’economia, sulla libera circolazione di persone, denari e merci, sulla Politica agricola comune e sull’Unione bancaria che pur hanno rappresentato nei decenni i possibili progressi di una Ue sempre più numerosa nei partecipanti e negli aspiranti tali, ma non più integrata. Con maggiore soddisfazione bisogna constatare che il Parlamento Europeo, eletto direttamente dai cittadini dal 1979, ha progressivamente assunto sempre maggiori responsabilità. Ma ciò non basta di fronte alle drammatiche sfide poste dalla nuova fase di conflitti internazionali in essere o potenziali. Non basta, infatti, più un’Unione Europea com’è ora: occorre rapidamente superare le tante incertezze che frenano la maggiore integrazione economica innanzitutto col completamento dell’Unione dei capitali e di quella bancaria. Ma occorre soprattutto ritrovare lo slancio che i tempi più duri impongono: necessita una crescita ulteriore delle Istituzioni europee con integrazioni normative che favoriscano la parità concorrenziale nel mercato interno europeo e una “Legge Fondamentale” della Ue, insomma una sorta di Costituzione europea che ne evidenzi la crescita istituzionale e politica.
Il completamento, finalmente rapido, della Unione dei mercati dei capitali e di quella bancaria possono svolgere le funzioni di battistrada di questa indispensabile nuova fase di crescita di ruoli della Ue: le banche, da quasi dieci anni, nell’Area Euro, sono state messe a dura prova, con nuove più rigide regole patrimoniali e di comportamento e sono ora in grado di sostenere meglio ogni sforzo di ripresa economica e sociale. Ma non bastano più l’Unione dei mercati e quella bancaria: occorre un salto di qualità culturale di consapevolezza e di visione della nuova dura realtà internazionale dopo un trentennio di pace che non ci si deve stancare di perseguire con ogni sforzo anche in questi tempi più difficili.
*Presidente Associazione Bancaria Italiana