"L’Onu accusa Israele di utilizzare la fame come uno strumento di guerra. Secondo Jeremy Laurence, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, questa valutazione deriva dalle "continue restrizioni sull’ingresso degli aiuti destinati alla popolazione della Striscia di Gaza e dal modo con il quale Gerusalemme porta avanti le ostilità". Per il responsabile dell’ufficio Volker Turk è "un crimine di guerra". A detta del segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, atteso oggi in Arabia Saudita e domani in Egitto, per discutere del cessate il fuoco a Gaza e dell’ingresso degli aiuti umanitari, "il 100% della popolazione civile nella Striscia ha problemi di sicurezza alimentare".
Alla fine del 2023 l’Onu aveva dichiarato che 377.800 persone, il 17 per cento della popolazione della enclave, dovevano essere considerate al quinto livello della scala di insicurezza alimentare, quello della carestia. Dal 7 ottobre le spedizioni quotidiane di cibo e di aiuti sono scese molto al di sotto dei 500 camion necessari ogni giorno per soddisfare le necessità minime dei due milioni di palestinesi che vivono nella Striscia. Per gli aiuti ora ci si rivolge al mare dopo che quelli paracadutati da diversi Paesi sono caduti per errore in parte in territorio israeliano o hanno addirittura provocato morti. Sabato scorso è approdata a una chiatta lunga circa mezzo chilometro, la prima nave di Open Arrms e di World Central Kitchen carica di 200 tonnellate di cibo. Una seconda dovrebbe salpare da Cipro nei prossimi giorni.
I primi convogli, rivela il quotidiano ’Times of Israel’, sono starti scortati da uomini mascherati e armati di kalashnikov che appartengono a diversi gruppi politici di Gaza, compreso Hamas. La strategia israeliana di individuare interlocutori locali diversi sarebbe fallita. Secondo il sito online statunitense ’Axios’ Israele e Hamas stanno negoziando per la prima volta da mesi i dettagli di un possibile accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani e per una tregua temporanea a Gaza. La proposta attuale potrebbe sfociare in un cessate il fuoco di sei settimane e nel rilascio di 40 ostaggi – donne, soldatesse, uomini di età superiore ai 50 anni o in condizioni mediche critiche – in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi. Giovedì scorso Hamas aveva proposto il rilascio di 950 carcerati, 150 dei quali condannati all’ergastolo. Hamas vorrebbe scegliere quali saranno rilasciati, soprattutto quelli che stanno scontando il carcere a vita, ma Israele ha respinto questa richiesta. Gerusalemme ha chiesto di ricevere in anticipo un elenco degli ostaggi ancora in vita e di estradare in un Paese terzo i prigionieri palestinesi che rilascerà. Hamas ha rifiutato, ma a Doha il negoziato è ripreso ugualmente.
I funzionari egiziani sono riusciti a convincere la delegazione del Movimento di Resistenza Islamica a non andarsene dopo l’attacco all’ospedale al-Shifa di Gaza nel quale le Forze Israeliane di Difesa sostengono di aver eliminato 50 miliziani islamisti. Nell’operazione militare contro l’ospedale è caduto Sebastian Haion, 51 anni. È il duecentocinquantunesimo militare ucciso dall’inizio dell’ingresso delle truppe israeliane nella Striscia di Gaza. A Jabalya è stato ammazzato Riad al – Banna, un ufficiale dell’intelligence palestinese incaricato da Hamas di scortare i convogli umanitari.