Domenica 1 Settembre 2024
DAVIDE
Esteri

Così l’Ungheria mette in catene l’anima europea

Ilaria Salis, detenuta in attesa di giudizio, è stata portata davanti ai giudici a Budapest con catene ai polsi e ceppi ai piedi. Questo episodio mette in discussione i principi dell'Europa democratica e richiede un'azione per difendere l'umanità dell'Europa unita.

Nitrosi

Ieri a Budapest è finita in catene l’Europa, non ’semplicemente’ la detenuta in attesa di giudizio Ilaria Salis. Le immagini della donna italiana portata davanti ai giudici per la prima udienza dopo 11 mesi di carcerazione preventiva con ceppi ai piedi e catene ai polsi sono il de profundis dell’umanesimo europeo sul quale abbiamo costruito le fondamenta dell’Unione. Nel paese di Orban evidentemente non valgono i principi cardine dell’Europa democratica. Non valgono a quanto pare le norme minime per il trattamento dei detenuti contenute nelle raccomandazioni che il Consiglio dei ministri europei inviò nel febbraio 1987 all’allora Comunità Europea (non era ancora Unione): "L’uso di catene e ferri deve essere proibito". Le eccezioni sono limitatissime e comunque non giustificate dal comportamento di Ilaria Salis. Da mesi il padre della nostra connazionale chiede al governo italiano di muoversi affinché alla figlia sia garantito almeno il diritto di scontare ai domiciliari, in Italia, anche la carcerazione preventiva. Le catene rappresentano l’ulteriore vergogna. E sono un grido di allarme per il nostro futuro. Il segnale che bisogna mettere un argine alla deriva becera che nega le stesse radici ideali dell’Europa unita. Siamo figli di una storia che ha generato guerre, olocausti e tragedie, ma che negli ultimi 70 anni ha saputo costruire un patto di pace storico e una comunità di diritti e doveri reciproci unica al mondo. Una costruzione democratica certo imperfetta ma comunque capace di testimoniare che la convivenza e la collaborazione sono possibili anche fra chi si è tanto odiato. Siamo un esempio, ricordiamolo. E per difendere questo esempio il primo passo è non accettare – a Roma come a Bruxelles – che Orban riduca in catene l’anima, e l’umanità, dell’Europa unita.