di Giovanni Serafini
PARIGI
che mi aspettava un compito difficile, ma adesso abbiamo una squadra. Insieme ci batteremo per salvare il Paese. La situazione economica è grave: al lavoro, dunque!". Sono le prime parole di Michel Barnier, il suo primo intervento ieri sera in tv da capo del governo. Trentanove ministri praticamente sconosciuti al grosso pubblico, tutti di destra e di centro, con uno solo (Didier Migaud, ministro della Giustizia) uscito dai ranghi della sinistra.
"Al lavoro", ma non sarà facile. La strada è piena di insidie, tutta in salita ad ogni passo si può aprire il precipizio. Ma lui, il savoiardo di 73 anni che ama i picchi alpini, appariva tranquillo, solido, com’è nel suo carattere e come ha mostrato quando, nella veste di commissario europeo, condusse in modo inflessibile i negoziati per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Osteggiato ferocemente dall’ultrasinistra di Mélenchon, controllato a vista dall’estrema destra di Marine Le Pen, il povero Barnier si trova puntati addosso i fucili di tutta la gauche, da Mélenchon ai socialisti ai Verdi. Tutti, a cominciare dall’ex presidente François Hollande, annunciano di esser pronti a votare la censura contro "questo governo troppo orientato a destra", che "non ha tenuto conto dei risultati elettorali del 30 giugno e 7 luglio scorso". Anche i lepenisti, paradossalmente, si dicono pronti a premere il grilletto. L’obiettivo comune è far cadere il governo, dimostrare che la Francia è ingovernabile e obbligare Macron alle dimissioni.
Primo di una maggioranza in Assemblea, Barnier deve tirare avanti per due anni, in attesa della presidenziale. Dovrà negoziare in permanenza: ed è quello che sa fare meglio.
La coalizione di sinistra (Nouveau Front Populaire) ebbe 9 milioni di voti alle ultime legislative, la destra lepenista 10, i seguaci di Macron 6 e i Républicains (il partito di Barnier) 1 milione e mezzo. Un governo dell’ultradestra cadrebbe immediatamente. L’ultrasinistra che oggi strepita si è esclusa da sola rifiutando qualsiasi collaborazione. Restano dunque soltanto i macroniani e i Républicains, ma con quali chances? Quanto resisteranno a Matignon? Quale politica economica proporranno per un Paese che ha 3.160 miliardi di euro di debito pubblico? I margini di manovra sono minimi. Aumentare le tasse, in un Paese che ha già l’imposizione fiscale più alta d’Europa? Chiamare a contribuzione il mondo dell’industria, col rischio di colpire il mercato? Si vedrà. Barnier ha detto che le classi medie saranno preservate, che darà spazio ai negoziati, che rispetterà i diritti acquisiti per quanto riguarda questioni sociali, aborto, Lgbt, che affronterà con energia il problema dell’immigrazione. Oggi tutti al lavoro. Colazione con tutti i ministri alle 8 a Matignon, quindi Consiglio dei ministri alle 15.