Mercoledì 9 Ottobre 2024

Assange, slitta il verdetto sull’estradizione dalla Gran Bretagna agli Usa. La moglie: “Potrebbe fare la fine di Navalny”

I giudici dell’Alta Corte di Londra prendono ancora tempo. Il giornalista australiano è accusato di aver divulgato 700mila documenti di Stato americani riguardo alle relazioni diplomatiche di Washington e alle violenze commesse in Iraq e Afghanistan

Londra, 21 febbraio 2024 – Julian Assange non conoscerà il suo destino neppure oggi. È terminata, senza la pronuncia di un verdetto previsto in un'altra data, all'Alta Corte di Londra la seconda e conclusiva udienza sull'appello finale della difesa del giornalista australiano e cofondatore di WikiLeaks contro la sua contestatissima procedura di estradizione dal Regno Unito negli Usa. Sarà questione di alcuni giorni secondo le attese, ma i giudici non hanno dato indicazioni precise in merito, riservandosi il tempo necessario per riflettere sulle argomentazioni contrapposte delle parti.

Negli Stati Uniti Assange dove dovrebbe scontare un totale di 175 anni di reclusione per 18 capi di accusa. A partire dal 2010, il giornalista australiano ha divulgato sul portale WikiLeaks circa 700mila documenti riservati ed autentici sottratti al Pentagono e al Dipartimento di Stato americano. Alcuni di essi documentano le violenze commesse dalle forze statunitensi durante le guerre in Iraq e Afghanistan, altri riguardano i rapporti diplomatici di Washington.

Una manifestazione a favore di Assange (Afp)
Una manifestazione a favore di Assange (Afp)

Assange non ha partecipato all’udienza per problemi di salute: avrebbe riportato una costola rotta a causa di una forte tosse. Anche ieri non era presente in aula, per la stessa ragione. Negli ultimi anni, le condizioni fisiche del 52enne sarebbero notevolmente peggiorate. Dal 2019, Assange si trova nel penitenziario di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra, sotto regime di isolamento. 

Nel 2021, le autorità giudiziarie britanniche avevano respinto la richiesta di estradizione presentata da Washington, ma la sentenza era stata poi ribaltata; a esprimersi sulla faccenda era stata anche l’allora ministra dell’Interno Priti Patel, che aveva firmato a favore della consegna di Assange alle autorità statunitensi. Ed è proprio contro quest’ultima decisione che il giornalista sta facendo ricorso, con i suoi legali che riscontrano nel trattamento riservato al loro assistito "una persecuzione contro la legittima attività giornalistica", il rifiuto di esaminare nuovi "elementi di prova concreti" nei precedenti gradi di giudizio e le informazioni svelate negli ultimi anni sui piani affidati alla Cia sotto l’amministrazione di Donald Trump per un possibile rapimento di Assange e, in caso estremo, per il suo assassinio.

In caso di sentenza favorevole all’estradizione, il giornalista non avrebbe più alcuna possibilità di azione legale nel Regno Unito e la consegna a Washington avverrebbe nel giro di 28 giorni. Le ultime speranze di Assange risiederebbero quindi nella Corte europea dei diritti dell’uomo, nella possibilità di un'istanza sospensiva d'urgenza da presentare entro 24 ore, che tuttavia non avrebbe efficacia certa. 

"Julian è un prigioniero politico e la sua vita è in pericolo: ciò che è successo a Navalny in Russia potrebbe succedere a lui in America – ha dichiarato Stella Assange, moglie del giornalista dal 2022, alla Royal Courts of Justice e ai cronisti e sostenitori presenti – L’attacco a Julian è un attacco ai giornalisti di tutto il mondo, un attacco alla verità e un attacco al diritto dell'opinione pubblica di conoscerla”. 

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