Giovedì 25 Aprile 2024

Reddito di cittadinanza, Consulta: “Non può aiutare chi si rovina col gioco d’azzardo”

La sentenza su un caso sollevato dal tribunale di Foggia. “Non si può pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di questo genere”

Roma, 29 marzo 2024 - Il reddito di cittadinanza non può aiutare chi è andato sul lastrico per il gioco d’azzardo. E’ quanto stabilisce una sentenza della Corte costituzionale depositata oggi su un caso sollevato dal tribunale di Foggia, nella quale afferma che non è "irragionevole che il legislatore abbia escluso che sia compito della Repubblica quello di assegnare il Rdc a chi, poco prima, si è rovinato con il gioco”. 

Il reddito di cittadinanza “risulta strutturato in modo da non poter venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso. Anche se, a causa delle perdite subite, sono rimaste comunque povere”. 

Secondo una sentenza della Consulta, il "Reddito di cittadinanza non può aiutare chi si rovina al gioco"
Secondo una sentenza della Consulta, il "Reddito di cittadinanza non può aiutare chi si rovina al gioco"

In particolare, nella sentenza n.54 del 2024, depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 25 della Costituzione sulle disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019, come convertito, che sanzionano penalmente l'omessa dichiarazione delle vincite lorde al fine di accedere al Reddito o di mantenerlo.

"Le questioni, sollevate dal Tribunale di Foggia, riguardano - spiega una nota della Consulta - una persona che aveva chiesto il reddito di cittadinanza pur omettendo di dichiarare precedenti vincite al gioco e che non aveva poi comunicato le ulteriori vincite conseguite nel periodo in cui ha percepito il Rdc. Poiché la disciplina del Rdc vieta espressamente di utilizzarne gli introiti per il gioco, 'il principio di eguaglianza sostanziale, alla cui attuazione il Rdc è peraltro riconducibile, non può certo essere invocato a sostegno di una questione di legittimità costituzionale nell'interesse di chi ha travolto le regole fondamentali dell'istituto, alterandone così la natura”.

La sentenza ha poi precisato che “la giocata on line assume il carattere di una qualunque spesa, in questo caso voluttuaria, che la persona ha effettuato con un reddito di cui ha la disponibilità, coincidente con l'accreditamento delle vincite sul suo conto gioco; non si può, quindi, pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere”.

Poiché devono essere dichiarate le vincite al gioco, senza che sia possibile considerare le relative perdite, la situazione di povertà "in cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è, insomma, comunque quella di chi, avendo una disponibilità economica, l'ha dissipata giocando”.

A ragionare altrimenti, del resto, non solo si rischierebbe "di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d'azzardo, i cui rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Rdc”.

La sentenza infine ha anche escluso la violazione del principio di determinatezza della legge penale di cui all'art. 25 della Costituzione, perché, nonostante un complesso insieme di rimandi, dalla normativa è possibile evincere l'obbligo di dichiarare e comunicare le vincite lorde; del resto, sul piano pratico, a fronte della suddetta complessità, “va considerata anche la possibilità, riconosciuta dall'art. 5, comma 1, del suddetto decreto, di presentare le richieste del Rdc presso i centri di assistenza fiscale".

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