Mercoledì 8 Maggio 2024

"Opere veloci o niente Recovery"

L’allarme del ministro Giovannini: dobbiamo comprimere i tempi italiani o perderemo i fondi europei

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di Antonio Troise

Una corsa contro il tempo. I progetti del Recovery Fund dovranno arrivare sul tavolo della Commissione europea entro il 30 aprile. Sotto i riflettori c’è soprattutto il pacchetto delle infrastrutture, circa 48 miliardi di euro da spendere entro i prossimi cinque anni, più o meno il 25% dell’intera dote messa a disposizione dall’Europa per far uscire il Paese dal tunnel della crisi. Il premier, Mario Draghi, ha deciso di seguire in prima persona il dossier e ieri ha chiamato a Palazzo Chigi il ministro dei Trasporti, Enrico Giovannini, per fare il punto della situazione. E, soprattutto, per capire che cosa mettere in campo per accelerare la realizzazione delle grandi opere. Un tema che il responsabile del dicastero di piazza Porta Pia ha ripreso alla Camera, durante la sua audizione sul Pnrr, lanciando un vero e proprio allarme: "O noi comprimiamo in modo straordinario i tempi che storicamente l’Italia usa per fare le opere oppure noi non vedremo i fondi europei, perché non riusciremo a rispettare la scadenza del 2026".

Giovannini ha in mente soprattutto i tempi "monstre" che in Italia si consumano per completare un cantiere con un volume di investimento complessivo superiore ai 100 milioni di euro: dieci anni in media. Con questi ritmi, ragionano al ministero delle Infrastrutture, l’Italia ha già perso la partita del Recovery Fund. I fondi, infatti, devono essere non solo impegnati ma anche usati entro cinque anni. Non a caso, nel dizionario europeo, si utilizza il termine di "lotto funzionale". Che cosa significa? Semplice: se il piano finanzia una nuova ferrovia, non è sufficiente che il progetto sia partito o che il cantiere sia ultimato. Ma la nuova tratta deve essere effettivamente "fruibile" da parte dei cittadini. Un obiettivo da far tremare le vene ai polsi.

Tanto che Giovannini ha già messo su al ministero un vero e proprio "comitato" Pnrr che sarà articolato su cinque team, una "task force" che dovrà monitorare i progetti e garantire il rispetto dei tempi. Rispetto alla versione iniziale del Piano, è aumentata notevolmente la parte di risorse aggiuntive destinate alle infrastrutture. Nella prima versione del Piano Nazionale, circa il 50% delle opere erano di fatto già programmate o in corso di realizzazione. Ora, le risorse aggiuntive superano i 30 miliardi di euro. Nessuna decisione è stata ancora presa per il Ponte sullo Stretto. "La commissione valutativa completerà i lavori nei prossimi giorni, poi si aprirà un dibattito pubblico". Sembra comunque difficile che il progetto possa entrare nel Pnrr. Dove, a fare la parte del leone, continueranno ad essere le infrastrutture ferroviarie con l’obiettivo di potenziare la rete per consentire all’80% della popolazione di poter raggiungere una stazione ad alta velocità in meno di un’ora.

Nel menu del Pnrr sono previste le nuove tratte fra Roma e Pescara e fra Salerno e Reggio Calabria. Almeno 5,5 miliardi saranno utilizzati per il progetto del Terzo Valico Liguria-Alpi. Quattro miliardi invece sono destinati alla tratta Palermo-Catania-Messina. Per la Verona-Brennero la cifra messa nero su bianco è di 3,3 miliardi. Altri progetti riguarderanno il settore delle costruzioni, uno dei più colpiti dalla crisi Covid. L’estensione del superbonus al 110 costerà almeno 8 miliardi. Altri 9 miliardi saranno destinati alla valorizzazione delle risorse idriche e alla messa in sicurezza del territorio. Fra le altre priorità indicate nel piano anche la riqualificazione e l’efficientamento tecnologico degli edifici.

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