Sabato 27 Luglio 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Il mito del modello spagnolo: si scopre che è più facile licenziare che da noi

A mettere a confronto il sistema di regole italiano e quello iberico, per sfatare l’ultimo mito della sinistra di casa nostra, è la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro

Lavoro, operaio (foto Ansa)

Lavoro, operaio (foto Ansa)

Roma, 8 settembre 2023 – In Spagna crescono le assunzioni a tempo indeterminato, ma licenziare un lavoratore è molto semplice che in Italia. E, comunque sia, la percentuale di contratti a termine sul totale dei rapporti di lavoro rimane superiore a quella del nostro mercato del lavoro. A mettere a confronto il sistema di regole italiano e quello iberico, per sfatare l’ultimo mito della sinistra di casa nostra, è la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro.

"Il modello occupazionale iberico, dunque, non rappresenta – si legge nel report ‘In Spagna licenziare è facile’ - un esempio virtuoso di stabilità, tantomeno una prassi da imitare per l’Italia. La riforma del lavoro spagnola – definita dal Real Decreto-ley n. 32/2021 – ha portato a un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato – si spiega nel Rapporto - in virtù dell’introduzione di un’unica tipologia di contratto a termine (con una causalità stringente e circoscritta) e di un minore impatto delle indennità di licenziamento sull’impresa rispetto a quanto accade nel nostro Paese. In Spagna le aziende possono licenziare legittimamente nei casi “oggettivi”, previsti dall’ex art. 52 dello Statuto dei lavoratori, o in caso di licenziamento disciplinare, di cui all’art. 54. In quest’ultima ipotesi, però, non è previsto il pagamento di alcuna indennità; mentre in Italia non solo esiste l’obbligo del preavviso di licenziamento, ma anche quello di corrispondere il trattamento di fine rapporto (TFR) al dipendente dimissionario. Due istituti ben consolidati nel regolamento italiano per tutelare i lavoratori, ma sconosciuti al diritto del lavoro spagnolo.

In assenza di un valido motivo per licenziare, il licenziamento si considera “improcedente” e l’azienda deve pagare al lavoratore una sanzione equivalente a soli 33 giorni di salario per ogni anno di anzianità lavorativa, per un massimo di 24 mesi. In Italia, invece, il giudice può decidere tra la reintegra del dipendente e il versamento, in capo al datore di lavoro, di un’indennità variabile tra 6 e 12 mensilità o tra 12 e 24 mensilità, a titolo di risarcimento, oltre al riconoscimento del TFR.

Tra le altre tipologie di licenziamento previste dal modello spagnolo, infine, va ricompresa quella derivante da cause economiche o per ristrutturazione dell’impresa. In tal caso, al dipendente licenziato viene corrisposta un’indennità pari a 20 giorni per ogni anno di servizio, fino a un massimo di 12 mesi.

"In materia di tutele e garanzie per i lavoratori, dunque, la Spagna – conludono gli esperti della Fondazione - ha poco da insegnare all’Italia. La precarietà del mercato del lavoro spagnolo si nasconde nella facilità con la quale si può procedere al licenziamento, anche illegittimo, dei lavoratori, eludendo, di conseguenza, i loro diritti. Un modello degno di attenzione, ma per nulla innovativo”.