Roma, 7 marzo 2024 – In Cina è finita l'era della Grande Crescita. Dopo il +5,2% messo a segno nel 2023, il premier Li Qiang ha illustrato al Congresso del popolo gli obiettivi per il 2024 di un aumento del Pil di “circa il 5%”, di un deficit “intorno al 3%” e di un'inflazione “al 3%”, ma molti analisti hanno mostrato delusione per l'assenza di stimoli corposi e hanno considerato irrealistico questo target, in un momento in cui il Paese deve fare i conti con una serie di sfide enormi, come il crollo del settore immobiliare, l'alto livello del debito pubblico locale, la deflazione e la debole domanda dei consumatori.
In base alle ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, infatti, la crescita del Pil del Dragone si attesterà quest'anno al 4,6% e scenderà al 3,4% entro il 2028.
La crescita economica della Cina, quindi, è destinata a rallentare nei prossimi anni, indebolita dalla crisi immobiliare senza precedenti e dal contesto internazionale. "Una contrazione più grave del previsto nel settore immobiliare potrebbe pesare ulteriormente sulla domanda e peggiorare la fiducia, amplificando le tensioni delle autorità locali sui conti pubblici e portando a pressioni deflazionistiche e spirali macro finanziarie avverse", sostiene lo studio del Fondo Monetario.
Parallelamente il Fmi ha pubblicato un rapporto di analisi sul settore immobiliare, che per decenni è stato un motore della crescita economica e che pesa per circa il 20% dell'attività nell'economia. Ma dal 2020 il comparto ha iniziato a subire una contrazione e secondo lo studio si tratta di una tendenza di lungo termine, perché nei prossimi 10 anni gli investimenti sul settore immobiliare dovrebbero calare tra il 30 e il 60%, rispetto ai livelli del 2022. Parallelamente, secondo il Fmi la crescita dovrebbe smorzarsi a fronte di un calo della produttività dovuto all'invecchiamento della popolazione. Per l'anno prossimo il Fondo prevede un aumento del Pil del 4%, nel 2026 del 3,8%, nel 2027 del 3,6% e nel 2028 del 3,4%.
Il premier nel suo discorso ha promesso di “fare aggiustamenti strutturali”. Ha parlato di 12 milioni di nuovi posti di lavoro e di uno sviluppo di “alta qualità”. Di contenere i rischi del settore immobiliare e ridurre gli sprechi delle amministrazioni locali. Ma si è trattato solo di promesse vaghe, prive di un piano dettagliato per sostenere la spesa dei consumatori. In termini di sostegno fiscale, è stato svelato un nuovo, modesto impulso. È stata programmata un’emissione di 1 trilione di renminbi (139 miliardi di dollari) di speciali titoli del Tesoro per finanziare “la sicurezza in aree chiave”. Quali aree è stato lasciato nel vago, ma probabilmente si tratta di infrastrutture.
In un altro segnale dell’importanza attribuita alla sicurezza, Li ha annunciato un aumento del 7,2% nella spesa per la difesa a 1,6 trilioni di Rmb, superando l’obiettivo ufficiale di crescita. La Cina ha il secondo bilancio per la difesa più grande al mondo, dopo gli Stati Uniti, e Li ha promesso di opporsi alle “interferenze esterne”.
L’obiettivo di espandere la domanda interna, quindi, non è più la massima priorità, secondo un'analisi della società di consulenza Gavekal Dragonomics. Lo hanno superato altri due obiettivi: di “modernizzare il sistema industriale” e sviluppare “nuove forze produttive di qualità”. Entrambi gli obiettivi implicano la promozione della potenza tecnologica della Cina. Pechino si espone a forti rischi, secondo Gavekal, nel dare priorità alla sicurezza, alla tecnologia e all’autosufficienza rispetto alla crescita del Pil. Le vulnerabilità del Paese richiedono una politica di forte crescita per evitare ulteriori recessioni, ma sembra che l'ideologia stia prendendo il sopravvento sull'economia.
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