La ’malaburocrazia’ rischia di paralizzare la transizione digitale della Pa italiana. Tant’è che l’innovazione tecnologica non sembra aver migliorato la qualità e la velocità dei servizi pubblici per le imprese e le famiglie. Siamo sempre alle prese con cavilli e file agli sportelli che ’rubano’ 238 ore l’anno agli imprenditori per occuparsi degli adempimenti fiscali. Ma non è un problema solo delle aziende. Nel 2019 l’Istat certificò che gli italiani passano in media addirittura 400 ore l’anno tra i vari sportelli sanitari, delle banche e degli uffici pubblici.
A certificare lo stato fallimentare della nostra burocrazia è uno studio della Confartigianato. Un report che si accompagna ai recenti conti degli esperti della Cgia di Mestre sugli oneri dell’oppressione burocratica per le imprese. A causa dell’eccessivo numero di permessi e procedure, il costo annuo a carico delle attività imprenditoriali italiane ammonta a circa 57 miliardi di euro. La ricerca della Confartigianato si concentra, invece, sul livello di efficienza degli enti pubblici. Ebbene, si scopre che nel 2022 l’Italia è al 24esimo posto tra i Paesi della Ue per il grado di soddisfazione dei cittadini verso i servizi pubblici: siamo ultimi insieme con Romania, Bulgaria e Grecia. Ma scivoliamo al 26esimo posto, preceduti solo dalla Grecia, per la fiducia che i nostri connazionali ripongono nella Pa.
Il nodo chiave che emerge dalla ricerca è che, sulla bassa qualità dei servizi, influisce uno scarso utilizzo delle tecnologie digitali: solo il 28% delle amministrazioni locali consente agli utenti di completare on line le pratiche amministrative e di effettuare il pagamento via web. Una quota che sale al 35% nel Centro-Nord, mentre crolla al 13% nel Mezzogiorno. Record negativo del Sud anche per la qualità delle istituzioni nelle 234 regioni europee: la peggiore è risultata la regione rumena di Bucarest Ilfov, seguita da Calabria e Campania. Il risultato è paradossale: nel pieno della transizione digitale aumentano le difficoltà di relazione con gli uffici pubblici. La quota di cittadini in coda per oltre venti minuti agli sportelli dell’anagrafe dei Comuni è del 28,4%, undici punti in più rispetto al 17,4% di dieci anni prima. E anche in questo caso ad attendere più a lungo sono i residenti nel Mezzogiorno, con una quota del 31,8%.
Né la situazione è migliorata durante la pandemia grazie alla transizione digitale o allo smart working. Anzi. Secondo il rapporto, il 31,6% dei cittadini, che da maggio 2020 a gennaio 2022 si sono rivolti a un ufficio pubblico, pari a circa 6,3 milioni di persone, ha espresso insoddisfazione o ha constatato un peggioramento della qualità dei servizi, sia a causa del ritardo nell’erogazione (indicato dal 73,6%) sia per l’impreparazione del personale (77%). A giudizio di un terzo degli utenti, i problemi di inefficienza c’erano anche prima dell’adozione del lavoro a distanza, mentre per gli altri due terzi lo smart working ha inciso negativamente sulla qualità dei servizi. Insomma, più che la transizione digitale, prevale il salto verso il passato della Pa.
Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro