Lunedì 29 Aprile 2024

Il Paese che non va: burocrazia padrona, passiamo in coda 238 ore l’anno

Cavilli e file agli sportelli, un inferno soprattutto per gli imprenditori. Le cause? Solo il 28% degli uffici consente le procedure online

I numeri della burocrazia

I numeri della burocrazia

La ’malaburocrazia’ rischia di paralizzare la transizione digitale della Pa italiana. Tant’è che l’innovazione tecnologica non sembra aver migliorato la qualità e la velocità dei servizi pubblici per le imprese e le famiglie. Siamo sempre alle prese con cavilli e file agli sportelli che ’rubano’ 238 ore l’anno agli imprenditori per occuparsi degli adempimenti fiscali. Ma non è un problema solo delle aziende. Nel 2019 l’Istat certificò che gli italiani passano in media addirittura 400 ore l’anno tra i vari sportelli sanitari, delle banche e degli uffici pubblici.

A certificare lo stato fallimentare della nostra burocrazia è uno studio della Confartigianato. Un report che si accompagna ai recenti conti degli esperti della Cgia di Mestre sugli oneri dell’oppressione burocratica per le imprese. A causa dell’eccessivo numero di permessi e procedure, il costo annuo a carico delle attività imprenditoriali italiane ammonta a circa 57 miliardi di euro. La ricerca della Confartigianato si concentra, invece, sul livello di efficienza degli enti pubblici. Ebbene, si scopre che nel 2022 l’Italia è al 24esimo posto tra i Paesi della Ue per il grado di soddisfazione dei cittadini verso i servizi pubblici: siamo ultimi insieme con Romania, Bulgaria e Grecia. Ma scivoliamo al 26esimo posto, preceduti solo dalla Grecia, per la fiducia che i nostri connazionali ripongono nella Pa.

Il nodo chiave che emerge dalla ricerca è che, sulla bassa qualità dei servizi, influisce uno scarso utilizzo delle tecnologie digitali: solo il 28% delle amministrazioni locali consente agli utenti di completare on line le pratiche amministrative e di effettuare il pagamento via web. Una quota che sale al 35% nel Centro-Nord, mentre crolla al 13% nel Mezzogiorno. Record negativo del Sud anche per la qualità delle istituzioni nelle 234 regioni europee: la peggiore è risultata la regione rumena di Bucarest Ilfov, seguita da Calabria e Campania. Il risultato è paradossale: nel pieno della transizione digitale aumentano le difficoltà di relazione con gli uffici pubblici. La quota di cittadini in coda per oltre venti minuti agli sportelli dell’anagrafe dei Comuni è del 28,4%, undici punti in più rispetto al 17,4% di dieci anni prima. E anche in questo caso ad attendere più a lungo sono i residenti nel Mezzogiorno, con una quota del 31,8%.

Né la situazione è migliorata durante la pandemia grazie alla transizione digitale o allo smart working. Anzi. Secondo il rapporto, il 31,6% dei cittadini, che da maggio 2020 a gennaio 2022 si sono rivolti a un ufficio pubblico, pari a circa 6,3 milioni di persone, ha espresso insoddisfazione o ha constatato un peggioramento della qualità dei servizi, sia a causa del ritardo nell’erogazione (indicato dal 73,6%) sia per l’impreparazione del personale (77%). A giudizio di un terzo degli utenti, i problemi di inefficienza c’erano anche prima dell’adozione del lavoro a distanza, mentre per gli altri due terzi lo smart working ha inciso negativamente sulla qualità dei servizi. Insomma, più che la transizione digitale, prevale il salto verso il passato della Pa.

 

 

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