Roma, 29 maggio 2024 – I buoni pasto sono una delle forme di benefit più utilizzate dalle aziende. Questi consentono ai dipendenti di poter contare su delle somme aggiuntive al loro stipendio da poter utilizzare per pagare i pasti in strutture convenzionate, come bar, ristoranti, tavole calde e supermercati.
Solitamente i buoni pasto vengono concessi dal datore di lavoro ai dipendenti che lavorano per otto ore in un'azienda che è priva di mensa per i lavoratori, anche se, specie negli ultimi anni, la distribuzione dei buoni pasto ha subito delle sostanziali modifiche, interessando ad esempio anche chi opera in smartworking. È inoltre importante sottolineare che le aziende non hanno nessun obbligo di distribuzione dei buoni pasto ai loro dipendenti, con tale procedura che deve essere prevista dai contratti nazionali di categoria o dagli accordi aziendali.
Che cos’è il buono pasto
I buoni pasto possono essere intesi come dei ticket con un valore economico predefinito che possono essere spesi dai dipendenti negli esercizi commerciali aderenti. Si tratta, a tutti gli effetti, di un esempio di welfare aziendale, con il dipendente ricevente che ottiene delle somme aggiuntive rispetto alla propria paga.
Su queste somme aggiuntive, inoltre, la legge prevede delle condizioni fiscali vantaggiose, non andando di fatto a tassare i buoni pasto. Molto importante, in tema fiscale, sono i formati dei buoni pasto, ovvero cartaceo, elettronico o da app. Proprio il formato incide sul valore esente da tassazione per i dipendenti ed è pari a 4 euro giornalieri per i buoni pasto cartacei e a 8 euro per quelli elettronici. Anche dal punto di vista aziendale, l’erogazione dei ticket offre diversi vantaggi nel versamento dei contributi.
Buoni pasto, le possibilità per l’azienda
Come accennato in precedenza, l’azienda non è obbligata a corrispondere i buoni pasto ai propri dipendenti, ma deve rifarsi ai CCNL e agli accordi aziendali presi. L’azienda può inoltre decidere il valore economico dei singoli buoni pasto (in media compresa tra 5 e 10 euro) e cosa offrire ai propri dipendenti:
- può erogare il servizio mensa presente all’interno della propria sede
- può fornire il ticket da utilizzare nel servizio mensa appaltato all’esterno, ma in ambienti di proprietà dell’azienda
- può concedere l’utilizzo di buoni pasto in mense esterne presenti in strutture diverse da quelle aziendali
- può consegnare il buono pasto al dipendente come servizio sostitutivo della mensa aziendale
L’azienda può anche decidere di optare per una forma ibrida tra quelle elencate, distribuendo ad esempio ai propri dipendenti dei ticket che possono essere utilizzati sia nella mensa convenzionata che esternamente.
Chi ha diritto ai buoni pasto
Così come deciso dal decreto 122 del giugno 2017, hanno diritto a ricevere i buoni pasto i lavoratori:
- subordinati a tempo pieno e part-time
- subordinati turnisti
- con contratto di collaborazione
Inoltre, il buono pasto può essere riconosciuto ai lavoratori anche se il loro orario di lavoro non prevede una pausa pranzo, così come ai lavoratori in smartworking (art. 9 del Protocollo nazionale sul lavoro modalità agile del settore privato del 2021).
Come funzionano i buoni pasto
I buoni pasto vengono distribuiti dalle aziende ai lavoratori dopo che le stesse hanno raggiunto un accordo con le società che erogano questi servizi. I ticket possono essere cartacei, digitali o collegati a un’app.
Il buono pasto può essere speso dal lavoratore negli esercizi convenzionati, la cui lista viene solitamente allegata alla consegna dei ticket. In ogni caso è sempre bene informarsi dell’effettiva ricezione nel momento in cui ci si interfaccia con un nuovo esercizio commerciale. L’esercente che riceve il buono pasto deve dimostrare l’avvenuta transazione nei confronti della società che ha emesso i ticket, così che la stessa possa corrispondergli il corrispettivo economico.
Ecco dunque che l’esercente deve necessariamente rilasciare uno scontrino regolare o una ricevuta fiscale al lavoratore e, in seguito, emettere la fattura alla società emittente dei buoni pasto con cui ha stretto un accordo di convenzione. Si sottolinea inoltre che il buono pasto può anche essere caricato dal datore di lavoro direttamente in busta paga, ma in questo caso la somma rappresenta una voce in più del cedolino e, dunque, è tassata come tutto il resto dello stipendio.
Al meccanismo descritto vanno aggiunte delle informazioni sintetiche che permettono di comprendere meglio il funzionamento dei buoni pasto:
- non possono essere ceduti ad altre persone
- possono essere cumulati nel limite massimo di 8 buoni pasto per volta
- hanno una scadenza di utilizzo che è indicata sul ticket stesso
- ogni singolo ticket deve essere speso nella sua interezza e, dunque, non è frazionabile.
I vantaggi dei buoni pasto
I buoni pasto, oltre ad aumentare le possibilità di spesa per i lavoratori che li ricevono, comportano una serie di altri vantaggi anche per tutti gli altri soggetti coinvolti nell’intero processo. Per il dipendente, i ticket non contribuiscono alla formazione del reddito da lavoro fino all’importo complessivo di 8 euro al giorno per il formato elettronico e di 4 euro per il quello cartaceo.
Per quanto riguarda i vantaggi dei buoni pasto per le aziende, queste hanno la possibilità di offrire dei voucher deducibili al 100 per cento e con l’Iva detraibile al 4 per cento. Nel caso dei liberi professionisti e delle ditte individuali, invece, i voucher sono deducibili al 75 per cento mentre l’Iva è detraibile al 10 per cento fino a un importo massimo pari al 2 per cento del fatturato. La possibilità di scaricare i costi, dunque, fa spesso propendere i datori di lavoro sulla scelta dei buoni pasto rispetto all’erogazione di un’indennità in busta paga.
Dal punto di vista degli esercizi commerciali che accettano i buoni pasto dei lavoratori, i vantaggi sono principalmente collegati alla grande visibilità che quel dato ristorante, bar o supermercato ottiene presso un pubblico ampio di lavoratori, con tutto ciò che ne consegue nell’ottica dell’accrescimento del proprio business e della fidelizzazione della clientela.
Limiti dei buoni pasto
In Italia la forte inflazione e il mancato adeguamento del valore dei buoni pasto al nuovo scenario ha creato una situazione per la quale i lavoratori non riescono con un solo buono pasto a coprire le spese necessarie per pranzare fuori. A dirlo è una ricerca condotta dall’Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto (Anseb) in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Da tale report emerge che, a fronte di una valore medio del ticket in Italia pari a 6,75 euro, il 66 per cento dell’ampio campione intervistato afferma di riuscire a coprire solo il 50-80 per cento della spesa di un pasto fuori casa.