Mercoledì 24 Aprile 2024

L’economista De Romanis: "Italia drogata dai sussidi. Il più devastante è il 110%"

La docente della Luiss: negli ultimi dieci anni nessuno ha rinunciato a offrire pasti gratis. "I bonus servono a costruire consenso politico, ma il costo alla fine lo paghiamo tutti noi"

Roma, 28 marzo 2024 – “Nel mio libro descrivo un metodo, che è quello di servire dei pasti facendo credere all’opinione pubblica che nessuno pagherà il conto", dice a QN la professoressa Veronica De Romanis, docente a Luiss e Stanford University di Firenze, autrice de ‘Il pasto gratis. Dieci anni di spesa pubblica senza costi (apparenti)’, Mondadori.

La docente Veronica De Romanis
La docente Veronica De Romanis

Dagli ottanta euro di Matteo Renzi al Superbonus di Giuseppe Conte. Nessuno ha rinunciato a offrire pasti gratis. Nemmeno Mario Draghi a dire la verità.

"Questo metodo lo hanno usato tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni: il governo Renzi, il Conte I, il Conte II, anche il governo Draghi. Il governo Meloni ha dovuto invece pagare il conto lasciato dagli altri, perché i pasti gratis si possono fare finché il contesto te lo permette. Anche io per scrivere il libro ho usato un metodo, che è quello dei dati. Così si capisce che i pasti serviti dai diversi governi non sono affatto gratis, un costo c’è ed è molto chiaro, ed è quello di un debito pubblico che non fa altro che crescere. Il debito pubblico è un problema e ha un costo, perché ci sono i tassi di interesse da pagare, per i quali spendiamo circa 100 miliardi l’anno. Per dare un’idea: per l’educazione e l’istruzione dei nostri figli spendiamo molto meno, 65 miliardi-70 miliardi. E poi il debito ci rende vulnerabili a eventuali crisi".

Nel suo libro scrive che i pasti gratis sono una sorta di droga. Una volta provati, non se ne può più fare a meno?

"Ci si abitua molto in fretta e ci piacciono. Un governo introduce il suo pasto gratis, come gli ottanta euro di Renzi. Poi arriva il governo successivo, che vuole avere il suo pasto gratis. Nel contempo conferma quello del suo predecessore. Ed ecco che gli ottanta euro diventano cento euro. Il governo ancora successivo rilancia, sempre nell’idea di ottenere consenso. E così si arriva al bonus più surreale, più scellerato, che è il 110 per cento, il Superbonus: lì oltre al vitto viene pagato anche l’alloggio. Non esiste in nessun Paese al mondo un bonus oltre il 100 per cento".

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È dunque proprio il Superbonus, in una ipotetica classifica dei peggiori pasti gratis, quello più iniquo?

"Il 110 per cento è al top della classifica. Anche Mario Draghi ammise l’aumento dei costi, triplicati, ma non solo non ha cancellato il Superbonus, ma lo ha anche prorogato. Perché l’aspetto più negativo dei pasti gratis è che cancellarli è impossibile; eliminare un bonus è visto e considerato come una tassa in più, come una ingiustizia. E nessuno governo vuole perdere consenso cancellando i pasti gratis. Il problema è che il bonus 110 ha lasciato un conto salatissimo, oltre 150 miliardi di euro che impattano sul nostro debito. È toccato al governo Meloni metterci mano, perché si è trovata a governare in un momento storico molto particolare, nel quale i tassi di interesse che fissa la Bce non erano più bassi come prima. Per un lunghissimo periodo di tempo abbiamo avuto tassi bassi e questo rendeva il debito anche meno costoso; invece durante il primo anno del governo Meloni i tassi erano alti e lo sono ancora. La grande incertezza e soprattutto le regole di bilancio, quelle che limitano disavanzi e debiti dei vari governi europei, cominciano a essere di nuovo efficaci. Quindi in questo nuovo contesto, molto complicato, servire pasti gratis aumentando il debito pubblico è molto più costoso".

Come se ne esce?

"Con informazione e formazione. Serve una buona informazione, per valutare la sostenibilità delle promesse fatte in campagna elettorale o durante l’esercizio del potere. Quando si mettono risorse nell’economia, anche se vengono gettate da un elicottero, un impatto c’è sempre ma bisogna capire se è maggiore di costi. E purtroppo così non è stato. Ma non basta. I cittadini devono poter comprendere i meccanismi di base dell’economia. Per questo è necessario un minimo di educazione finanziaria".

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