Mercoledì 24 Aprile 2024

Amazon, Meta, Google: perché le big del web licenziano

I colossi annunciano maxi piani di riduzione del personale. Tanti i motivi alla base di questa scelta: ecco cosa sta succedendo

Il copione si ripete. È di questi giorni la notizia che Amazon taglierà altri 9mila posti di lavoro. Licenziamenti che si vanno ad aggiungere ai 18mila di gennaio. A dare la notizia è stato il ceo Andy Jassy in una nota al personale in cui si legge che "è stata una decisione difficile, ma che pensiamo sia la migliore per l'azienda a lungo termine". Jassy ha parlato di "incertezza che esiste nel prossimo futuro".

Non solo Amazon

Mark Zuckerberg
Mark Zuckerberg

L’incertezza sul futuro, però, non aleggia solamente sulla creatura di Bezos. Twitter ha perso circa la metà dei suoi dipendenti dopo essere stata acquistata da Elon Musk. La scorsa settimana invece era stata Meta – la holding di Facebook, Instagram e Whatsapp – ad annunciare 10mila nuovi licenziamenti che si aggiungono agli 11mila decisi a novembre. Nemmeno l’impero di Google uscirà indenne da pesanti round di licenziamenti. A gennaio, la società madre, Alphabet, aveva annunciato un licenziamento di massa pari a 12mila lavoratori, il 6% di quelli impiegati a livello globale. Sempre a gennaio, alla fila si era aggiunta anche Microsoft, che aveva annunciato il licenziamento di 10mila dipendenti entro la fine del terzo trimestre. Numeri che se sommati potrebbero dare vita ad una vera e propria città di disoccupati.

Perché le big-tech licenziano

L'universo tech, già in affanno da tempo, è stato ulteriormente messo in difficoltà questo mese dal crollo della Silicon Valley Bank. Secondo "The Challenger Report", l'industria tecnologica ha aumentato i suoi licenziamenti del 649% nel 2022, che è il numero più alto dalla bolla delle dot-com di qualche decennio fa. Più dipendenti sono stati licenziati nel 2022 rispetto al 2020 e al 2021 messi insieme. Ci sono diversi fattori che contribuiscono a questi licenziamenti, tra cui l'economia, l'inflazione, i tassi di interesse più alti, le sovra-assunzioni e la correzione del lavoro della pandemia di Covid-19. Sono tante le condizioni che minacciano la salute dell’economia, come il tetto del debito pubblico, la guerra in Ucraina, la pandemia e l'aumento dei tassi di interesse. Le aziende si rivolgono ai licenziamenti come metodo di sopravvivenza per tagliare i costi quando le entrate e i profitti diventano minori.

L'inflazione schiaccia (anche) il web

Il 2022 ha visto negli Stati Uniti il tasso di inflazione più alto degli ultimi 40 anni, secondo i dati ufficio di statistica del lavoro (Bls). Le aziende cercano di tagliare i costi per coprire le loro spese aumentate a causa dell'inflazione. Il licenziamento dei dipendenti è in genere una delle prime misure di riduzione dei costi perché sono una delle maggiori spese aziendali. Le aziende tecnologiche, inoltre, perdono molte delle entrate quando le aziende riducono la pubblicità: tutti questi giganti big tech hanno modelli di business che si basano sulla vendita di annunci. La Federal Reserve, ovvero la banca centrale degli Stati Uniti d'America, ha aumentato i tassi di interesse sette volte nel 2022 e potrebbe aumentarli di più nel 2023. I tassi di interesse più alti influenzano quanto un'azienda vuole (e può) prendere in prestito a causa dei costi più elevati. Di conseguenza le aziende non vogliono investire in aree più rischiose quando il futuro dell'economia è incerto. Le incertezze economiche quindi inducono le aziende a rivalutare le loro strategie di assunzione e crescita.

La bolla è esplosa

Un altro fattore da tenere in considerazione è che parte dell'aumento dei licenziamenti è dovuto alla correzione dell'assunzione di troppe persone durante il culmine della pandemia. L'uso della tecnologia in quel periodo è cresciuto in modo significativo man mano che tutto si muoveva online. Smart working, lezioni davanti allo schermo, shopping, acquisti di ogni tipo con un clik rimanendo sul divano: le persone passavano più tempo online. L'impennata dell'attività online ha portato alle aziende tecnologiche profitti record con il conseguente boom di assunzioni per tenere il passo con la domanda. Forse, ipotizzando (e scommettendo) su di un futuro che si sarebbe stabilizzato su questa nuova normalità. Ora che il mondo è tornato, quasi, alle abitudini del pre pandemia, è minore la domanda di servizi tecnologici, quindi anche la necessità di queste nuove assunzioni è diminuita. Nonostante tutto, i recenti licenziamenti nel settore tecnologico hanno portato ad aumenti delle azioni di diverse società, tra cui Alphabet, così come Spotify, Salesforce, Zoom e il rivenditore di mobili online Wayfair, come parte di un fenomeno che gli analisti ritengono andrà avanti per tutto il 2023. Anche se i licenziamenti possono segnalare che un'azienda sta lottando, possono anche essere - dicono vari analisti - un segno positivo per gli investitori, del fatto che un'azienda sta facendo delle mosse per stabilizzare le azioni in difficoltà e rimanere redditizia.

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