Giovedì 18 Aprile 2024

Vip velate per le afghane Solidarietà trash

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Chiara

Di Clemente

Se l’abito non fa il monaco, il burqa non fa l’attivista solidale. Questione di testo, e di contesto. È in corso una potente campagna online lanciata dalla storica Bahar Jalali per protestare contro l’imposizione talebana del niqab (abito che lascia scoperti solo gli occhi) alle donne afghane. Extra-Afghanistan 2021, il movimento femminista musulmano Musawah sostiene però da tempo che per le donne indossare l’hijab (il velo) o il niqab può essere una scelta che di contro molti paesi occidentali tendono a non rispettare. Vi è, attuale, un forte sentimento di insofferenza verso l’indebita, spesso dettata da futili motivi (moda, soldi) "appropriazione culturale" di identità e tradizioni: di tale stolida prevaricazione è stata accusata Kim Kardashian che ha ben pensato di sfoggiare tra gli ori del Met Gala una sorta di metafisico lussuosissimo burqa (abito che copre tutto, anche gli occhi).

A margine, vi sarebbe infine – in Italia, anzi precisamente a casa mia – il desiderio di non essere presa in giro da un programma tv. In cui "C’è un burqa tra voi?", esclama una voce garrula riferendosi a una concorrente che prova una "solidarietà" talmente profonda con le sorelle afghane da non sapere neanche il nome esatto (niqab) di ciò che indossa in loro onore. "Brava! È giusto parlare di libertà delle donne", chiosa il presentatore del reality. Il cui successo è basato da anni sul mostrare ragazze seminude che fanno la doccia e uomini che si dilettano con insulti misogini, razzisti e omofobi. Testo e contesto. Appunto.