Venerdì 19 Aprile 2024

Un Sanremo che ha saputo parlare ai giovani

Chiara

Di Clemente

Chi ha dato un’occhiata al video allegato al singolo – una cosa tipo 11 milioni le visualizzazioni in neanche una settimana – sa che il cuore del ragazzo più grande, Mahmood, sanguina per un ragazzo e quello del ragazzo più giovane, Blanco, per una ragazza. Ma i due, sul palco di Sanremo 2022, fin dalla prima esibizione di “Brividi“ non hanno portato bandiere, quote, proclami, gesti, messinscene: hanno portato la loro autenticità. Il talento e la sensibilità con cui hanno composto una bellissima canzone, il talento e l’impegno con cui sono arrivati a interpretarla magnificamente, la libertà mentale che non mette etichette sopra le persone, sopra l’amore. Il Festival lo hanno stravinto, con voti (televoti, ma non solo) da doppiare quasi sia la seconda classificata Elisa, 44 anni, sia il terzo, Gianni Morandi, 77 anni, geniale nella capacità di trasformare un brano basico come “Apri tutte le porte“ in un cortocircuto generazionale pieno di gioie nostalgiche ma a presa rapida sui bambini.

Così Sanremo quest’anno è stato l’Italia. L’Italia unita dalle tre canzonitre generazioni, e ovviamente divisa in tutto il resto: parole, polemiche, tifoserie. Premiato da un consenso Auditel che dovrebbe far riflettere, il Festival 2022 si è messo in scena aprendo quindi le porte (arrugginite) a tutte e tre le generazioni, ma invitando quale superospite d’onore il sentimento più giovane e femminile del Paese (quasi l’80% il target ragazze 15-24 anni), quello del più libero e sereno spirito d’inclusione, che s’identifica con orgoglio e passione in un monologo antirazzista e balla spensierato nell’allegria queer pop. Il Festival di Amadeus non possiede tale Dna – dietro le quinte restano le stesse persone che nel 2009 portavano all’Ariston Hefner e le sue Playmate – quindi ha dovuto un po’ travestirsi, con risultati spesso imbarazzanti: il monologo di Drusilla sì, ma quasi all’alba; la coconduttrice sì, ma guai se osa tener testa. L’inclusione sì, ma come atto eroico, non normalità. Tranne in un caso: Mahmood e Blanco. Ed è comunque un grandissimo passo avanti. Se non verso il futuro, nel giovane presente.