BIBBIANO (Reggio Emilia)
Una lite tra condomini finisce in un bagno di sangue in un caseggiato popolare alle spalle del municipio di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia. Ilirjan Minaj, muratore 61enne d’origine albanese, è stato assassinato con pochi precisi fendenti al petto da Riccardo Stefani, 41enne con problemi di dipendenze e noto ai concittadini per la sua aggressività molesta. L’uomo, che ha rischiato il linciaggio da parte dei connazionali della vittima, ora si trova in carcere accusato di omicidio volontario aggravato. Stefani, originario di Cossato nel Biellese, viveva con la madre nello stesso condominio di Minaj, ed è conosciuto in paese per atti vandalici, furtarelli, molestie ai passanti, minacce che non risparmiavano nemmeno i bambini. L’alcol è il suo demone. Tante volte la donna lo aveva segnalato ai carabinieri per maltrattamenti in famiglia, salvo poi ritirare le denunce per pietas materna.
Una situazione nota non solo alle forze dell’ordine, ma anche al Comune e ai servizi sociali (gli stessi al centro dell’inchiesta sui presunti affidi illeciti di minori). Venerdì verso le 23 Minaj si è recato nel palazzo accanto al proprio in visita a dei parenti e sulle scale ha incrociato l’italiano. Una battuta di troppo ed è scoppiata l’ennesima discussione, presto degenerata. L’anziano questa volta non ha soprasseduto e, invece di fermarsi al primo piano dai familiari, ha seguito Stefani fin davanti al suo appartamento al secondo piano. Quando questi è entrato, ha dato un forte pugno alla porta. Il 41enne però non era rientrato per sottrarsi al confronto: era solo andato in cucina a prendere un coltello. La porta si è aperta all’improvviso: uno, due, forse tre fendenti al torace sferrati a Ilirjan con violenza così rabbiosa da spaccargli il cuore o ledergli un grosso vaso sanguigno, da imbrattare di schizzi di sangue i muri e tutto il pianerottolo. Mentre la vita gli sgorga a fiotti dal petto tra le mani, l’anziano tenta pochi passi barcollanti lungo le scale lasciando una scia rossa e stramazza sui gradini. L’assassino si barrica in casa con la madre sotto choc. I familiari stravolti della vittima chiamano il 118 e i carabinieri, che arrivano in pochissimi minuti. Il palazzo viene transennato, l’ingresso è consentito solo agli inquirenti e ai soccorritori, che però non possono far altro constatare il decesso di Minaj. Segue una tesa trattativa con l’omicida, per far uscire la madre. Infine i carabinieri riescono a farsi aprire e a portare la donna verso in un alloggio sicuro. L’assassino si consegna; l’arma del delitto viene sequestrata; il sostituto procuratore Isabella Chiesi inizia ad analizzare il luogo del delitto.
Intanto il tam tam dei telefonini ha fatto rapidamente arrivare sotto i portici dell’edificio di via Fratelli Corradini 6, una cinquantina di persone tra familiari e parenti, amici e conoscenti appartenenti alla comunità albanese. Minuto dopo minuto, la folla diventa una trappola pronta a scattare: volti tesi, pugni chiusi e mandibole serrate, sguardi di odio che scrutano il portone da cui l’omicida sarebbe dovuto passare. Tutti aspettano, dal condominio non c’è altra uscita. Solo la grande capacità dei carabinieri di gestione delle situazioni di crisi evita il peggio. L’Arma rafforza il cordone di sicurezza. Davanti al palazzone a mezzanotte ci sono sei gazzelle. Poco prima dell’una, un’auto blindata si spinge sotto il portico fin davanti al portone: Stefani arriva sotto scorta e viene catapultato dall’atrio nell’abitacolo. Deflagra la rabbia, con decine di persone che assaltano la gazzella mentre lentamente in retromarcia arriva fino alla strada fendendo la calca. Quando l’autista finalmente vede un varco, ingrana la marcia e corre verso Reggio.