Lunedì 29 Aprile 2024

Suor Nathalie al Sinodo "Io, prima donna a votare"

La francese Becquart rompe il tabù del suffragio riservato solo ai maschi "Nella Chiesa esiste ancora una logica patriarcale. Ma il cambiamento è in atto"

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di Giovanni Panettiere

Da apripista, sa di avere gli occhi del mondo puntati su di sé, ma non per questo perde di vista la condizione femminile nel suo insieme. Nel mondo cattolico come nella società. Nominata a febbraio dal Papa sottosegretario del Sinodo dei vescovi, la teologa francese Nathalie Becquart è la prima donna nella storia con diritto di voto all’assemblea sinodale (apertasi ieri in San Pietro), una svolta dirompente per un’istituzione tradizionalmente maschile e clericale, con la cura Bergoglio divenuta centrale nel definire il profilo della Chiesa alla prova della postmodernità. La 52enne suora saveriana (non porta il velo e ha alle spalle un triennio missionario nei quartieri operai d’Oltralpe) conosce pregi e difetti del contesto ecclesiale, compresa "la logica patriarcale che ne caratterizza ancora l’organizzazione". L’alternativa, che non esita a predicare, è la piena eguaglianza di genere anche nei processi decisionali, "un segno dei tempi", in linea col disegno di Dio.

Che cosa prova nell’essere la prima donna a votare al Sinodo?

"Mi sento una piccola donna al cospetto di tante altre migliori di me che mi hanno preceduto e che verranno in futuro. La mia condizione rappresenta il segno di un processo salutare di cambiamento in atto nella Chiesa. Per fortuna non sono sola, condivido la mia esperienza con un network di altre cristiane impegnate in questo processo sinodale, perché possano far sentire la loro voce".

Quali sono i problemi principali che le donne incontrano nella loro esperienza di Chiesa?

"Vi sono realtà, che sperimentano un dialogo e un mutuo ascolto fra i sessi davvero proficuo, da coltivare e condividere col resto del popolo di Dio, e altre in cui tutto questo incontra delle resistenze. Diciamo che in linea generale la difficoltà di farsi realmente ascoltare e coinvolgere nei processi decisionali esiste ancora, anche se il cambiamento è in corso".

Lei lavora in Curia romana: si è scontrata con un certo maschilismo radicato nelle strutture?

"Senza dubbio la Chiesa ha alle spalle una storia plurisecolare e una maniera di organizzarsi contrassegnate da una visione patriarcale, oltreché da una forte preminenza episcopale. Detto questo, ravviso degli sforzi in atto a tutti i livelli, comprese le dinamiche di relazione interne al Vaticano".

L’eguaglianza tra uomini e donne anche nei processi decisionali è un segno dei tempi nella società come nella Chiesa?

"Sì, lo è, d’altronde Dio ci ha creati diversi ma uguali, non uno subordinato all’altro. Nelle Chiese locali ci sono tante donne e molti uomini desiderosi dj continuare il processo avviato, teso a un cambio di mentalità che cancelli una visione patriarcale nella società e nella Chiesa".

Perché per molte cattoliche è così importante che lei e magari altre donne possiate votare in un’istituzione come il Sinodo dei vescovi così determinante negli sviluppi del pontificato di Bergoglio?

"Almeno qui in Occidente viviamo in contesti democratici dove il diritto di voto ha la sua centralità. È un simbolo, il segno di una visibilità che non va sottovalutata. Perciò capisco il desiderio di queste fedeli, tuttavia, nella visione integrale della sinodalità, il suffragio non è tanto importante: arriva al culmine di un processo di ascolto e confronto che porta la Chiesa ad assumere decisioni in una prospettiva di comunione. Ciò che conta davvero è che tante donne possano portare la loro esperienza e le proprie competenze al centro del dibattito".