Lunedì 29 Aprile 2024

Torino, l’infermiere eroe: “Quell’uomo al telefono mi diceva: sono piegato in due dal dolore”. I problemi di cuore e la corsa all’ospedale

Il racconto emozionante di Stefano Gianolio, case manager del Mauriziano: “Seguo con una linea dedicata 500 pazienti all’anno. Mi ricordo di tutti, soprattutto di quelli che hanno sofferto di più”

Torino, 16 dicembre 2023 – Stefano Gianolio, 37 anni, infermiere case manager al Mauriziano di Torino. Ha salvato la vita a un paziente, al telefono. 

"Un uomo di 66 anni che conoscevo. Mi ricordo sempre di chi ha avuto problemi”.

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Che cosa le ha raccontato?

"Ho parlato con lui e con la moglie. La telefonata sarà durata 5 minuti. Una frase, in particolare, mi ha messo sulla strada giusta. Quell’uomo diceva di aver provato un dolore che lo aveva piegato in due. Un dolore addominale che si era irradiato al torace e alla mandibola”.

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E da lì ha capito...?

“Che quella persona aveva un problema cardiaco in atto. Non c’era tempo da perdere”.

Stefano Gianolio, 37 anni, infermiere case manager al Mauriziano di Torino
Stefano Gianolio, 37 anni, infermiere case manager al Mauriziano di Torino

Cosa ha fatto?

"Gli ho detto di prepararsi per il pronto soccorso e ho attivato la procedura”.

Lei, case manager. Cosa vuol dire?

"Sono un infermiere dedicato a una linea telefonica di aiuto per i pazienti. Ne seguo 500 all’anno, tutti hanno il mio numero. E’ importante che le persone siano educate ad essere autonome, per imparare a gestire i problemi di salute”.

Anche il 66enne che ha salvato.

"Questo servizio è slegato dai turni in reparto. Prevede che un infermiere con competenze avanzate supervisioni tutto il percorso dei pazienti oncologici.  Dopo l’operazione e la dimissione dall’ospedale, per un mese è previsto che la persona sia seguita, di prassi. Ma il legame resta per tutta la vita”.

E’ una videochiamata?

"Non ancora, per quello ci attrezzeremo a brevissimo. Ma la cosa bella di questa storia è che conoscevo già quella persona, l’avevo seguita l’anno scorso. I pazienti me li ricordo tutti, non sono numeri. Soprattutto quelli che hanno sofferto di più”.

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