
"I fatti di Reggio Emilia e di Lanciano, così come la morte di Willy a Colleferro, colpiscono dritti in faccia per la loro insensatezza e violenza, ma in realtà nascondono un disagio molto più esteso". Claudio Mencacci, 67 anni, medico psichiatra, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia e past president della Società Italiana di Psichiatria, nonché direttore del Dipartimento Neuroscienze e Salute mentale del Fatebenefratelli-Sacco a Milano, guarda alla cronaca con sguardo multidisciplinare.
E cosa vede?
"L’esplosione di comportamenti aggressivi e prevaricanti, indice di una gerarchia valoriale completamente ribaltata".
In che modo?
"Nessun senso della collettività. L’ego come religione unica. Siamo di fronte a un progressivo imbarbarimento che si manifesta con reazioni immediate, sproporzionate e inconsulte. Del tipo: hai suonato il clacson? Scendo e ti prendo a mazzate. Quante volte leggiamo notizie così? Perché se l’ego deborda, i ’futili motivi’ non esistono. C’è solo la presunta offesa alla quale reagire con immediatezza".
Un codice piscologico e sociale che annichilisce anche il codice penale?
"Esattamente. Oggi velocità e reattività – mutuate dalla tecnologia – rappresentano i valori guida. Una dinamica di impulsività e di irrazionalità che annulla ogni riflessività e si traduce in assoluta mancanza di empatia. Il nemico del momento va azzerato in quanto tale, indipendentemente dalla qualità del contrasto. È questo il meccanismo. E poi...".
Dica pure...
"Arroganza, prepotenza, tracotanza sono diventati ’valori’. Chi ne fa sfoggio ottiene ammirazione sociale. Questo clima di deresponsabilizzazione morale è ormai forte e sistematico. Sullo sfondo aleggia una totale mancanza di fiducia nel futuro. Chi perde la testa e poi spara – oppure prende a pugni – cavalca questo contesto e le sue rappresentazioni sui social media".
Non ci sono concause?
"Certo. L’impulsività e la sproporzione che emerge in molti fatti di cronaca è quasi sempre moltiplicata da fattori arcinoti quali consumo di stupefacenti, alcol o stimolanti. C’è poi un elemento sottovalutato, ma al tempo stesso rilevante, che è la mancanza di sonno. Mancanza intesa sia come tempo insufficiente dedicato al riposo, sia come qualità dello stesso. L’abuso di tecnologia è evidente. Il nostro cervello registra tutto. Ad esempio, chi dorme col cellulare vicino, tra lampi del video e bip di notifica, rende un pessimo servizio alla propria esistenza. Una tragedia nazionale: il 60% degli italiani riposa male, con riflessi disastrosi nella vita di tutti i giorni".
Fino al punto di generare reazioni sconsiderate?
"Guardi, non conosco in dettaglio le storie di Reggio Emilia o di Lanciano. Ma in questi casi, o in casi simili, sarebbe interessante verificare i comportamenti di tutti i soggetti coinvolti. Scopriremmo che alcol, stupefacenti e mancanza di sonno hanno spesso un ruolo decisivo".