Di notte raccoglie i rifiuti differenziati porta a porta, di giorno si ricicla in allenatore vincente. Netturbino per scelta e per necessità, mister di calcio per vocazione e chissà, magari in futuro anche come professione. Ma non adesso, adesso a Cristian Soave serve uno stipendio sicuro per mantenere i tre figli. Perché in casa ne arriva solo uno, la moglie Elisabetta è andata in cielo e lui è rimasto solo, anche se per fortuna ci sono i nonni. Soave, 50 anni, ex attaccante di buon livello tra serie D e C, ha appena centrato un risultato sportivo storico: ha portato la squadra del Caldiero, comune termale del Veronese da 8mila abitanti, tra i professionisti. La promozione in C è un traguardo storico, per il club e per il tecnico-netturbino.
Soave, lei vince in panchina dopo aver passato la notte a lavorare.
"È vero, ma è un lavoro che mi sono scelto apposta".
Per poter allenare?
"Esatto, alle 10 del mattino ho finito il turno e posso dedicarmi alla squadra dalle 15 alle 18".
Scusi, ma quante ore dorme?
"Poche. Mi alzo alle 3, quindi quando riesco recupero qualcosa in tarda mattinata, ma di solito alle 21.30-22 sono a letto".
Non guarda le partite?
"Il problema è quello, quando c’è la Champions dormo meno".
Da attaccante era bravino.
"Ho giocato tra serie D e C, dal vivaio del Brescia al Mantova, poi Arzignano, Mestre, Pordenone, Portogruaro, Trento, Bassano. Ho fatto 246 gol tra dilettanti e professionisti, da 14 anni alleno".
E vince.
"Tra Villafranca Veronese e Dro mi sono tolto qualche soddisfazione, col Caldiero prima siamo saliti in D, poi ho preso il patentino Uefa, quindi Desenzano, Breno e di nuovo Caldiero".
Dove ha vinto la serie D con 77 punti.
"Vi posso assicurare che c’è tanto lavoro dietro questo risultato, ore di video-analisi oltre agli allenamenti".
Ora lascerà il lavoro per allenare tra i professionisti?
"No, ho delle responsabilità. Vedrò se chiedere un part-time o l’aspettativa, ma quel lavoro è la sicurezza, mia e dei figli".
Come è finito a fare l’operatore ecologico per la Serit, l’azienda dei rifiuti di Verona?
"Ho cercato di pensare al futuro dopo il calcio prima che fosse troppo tardi. Amo questo mondo e ne vorrei fare parte, ma avevo preso la patente per guidare i camion e così mi presentai al concorso. Nel 2014, dopo qualche contratto a termine, sono stato assunto".
Qual è la paga, se si può?
"Nessun problema. Facendo tante notti, guadagno sui duemila euro al mese. Sono meritati, fidatevi, è un lavoro tosto. E fanno comodo, con tre figli".
Anche perché lei è vedovo.
"Cinque anni fa ho perso mia moglie Elisabetta, aveva 40 anni e una malattia autoimmune degenerativa. Fino a quando abbiamo potuto l’abbiamo assistita in casa, poi l’abbiamo dovuta portare in una struttura. È stata molto dura, una legnata anche per i ragazzi".
Che ora sono grandicelli.
"Eddie ha 23 anni, Jacopo ne ha 18 ed Elisa 15. Loro sono autonomi, quando erano più piccoli i miei genitori e la mamma di Elisabetta mi hanno aiutato tanto per svegliarli e portarli a scuola mentre io ero al lavoro. Loro e lo spogliatoio sono stati fondamentali per permettermi di non lasciare il calcio, sapevano che per me era importante. I ragazzi sono i miei primi tifosi, mi mandano link agli highlight, vorrebbero che facessi l’allenatore così magari guadagno di più...".
Beh, sarà bello averli vicini.
"Il gol decisivo contro la Virtus Ciserano l’abbiamo segnato al 95°. Mio figlio Eddie mi è saltato addosso e mi ha detto: “Papà, quel gol lo ha fatto la mamma“. E lo credo anche io".