La peggiore della storia viene preparata in un video di Tasty Japan. Spaghetti spezzati cotti al microonde con acqua, grumi di sale, ammassi di bacon, brodo di pollo essiccato, panna e prezzemolo. Questo è oltraggio, blasfemia. Infatti un utente disgustato commenta: "Amiamo il vostro sushi, perché uccidete la nostra pasta?". Possiamo chiudere un occhio di fronte al parmigiano al posto del pecorino, anche sul guanciale. Ma c’è un limite a tutto.
E Coldiretti insorge. Contro la carbonara taroccata, copiata e sbagliata più di ogni altra ricetta. E a cascata contro tutte le storpiature della nostra cucina, gli affronti in cui si sono imbattuti quasi 6 italiani su 10 in viaggio all’estero. Il "fake in Italy" fa male alla tradizione ma non solo: le esportazioni potrebbero triplicare se venisse fermata la contraffazione alimentare internazionale che vale oggi 120 miliardi di euro ed è causa di danni economici e di immagine. La prossima volta che trovate nel menù di un ristorante inglese gli spaghetti alla bolognese o la "pasta with meatballs" potete chiedere di fare quattro chiacchiere con lo chef e spiegargli che le polpette sono monopolio di vostra nonna, che magari è il piatto preferito di Martin Scorsese ma esiste solo nel cartone animato Lilli e il vagabondo. Con il 60% delle ricette nostrane, fuori confine non ci prendono: dai "maccheroni cheese" annegati nel cheddar alle fettuccine Alfredo, dalla pizza con l’ananas all’abbinamento letale cappuccino-pasta. Ma l’affronto peggiore si compie ai danni della carbonara, umiliata dal "Romano Cheese" fatto con latte di mucca e non di pecora e dall’orrore del pisello surgelato. C’è da dire che anche gli italiani su questo primo di bandiera spesso vacillano, a cominciare dall’etimologia che non può essere negata se richiesta: c’è chi attribuisce il nome ai movimenti carbonari, a Carbonia, al cuoco di Carbonia che lavorava a Roma, anche al pepe che assomiglia al carbone.
E sulla responsabilità degli ingredienti viene coinvolto persino un soldato americano: durante la Seconda Guerra Mondiale andò in una trattoria a Trastevere e chiese che la sua razione K venisse cucinata. Conteneva, guarda un po’, uovo liofilizzato, bacon e cream fresh. Nel dubbio, astenersi. Ma sull’esecuzione bisogna dare il buon esempio ai barbari, insegnare ai bambini l’Abc dell’orgoglio nazionale: guanciale a dadini fatto "sudare" in padella.
Pecorino romano grattugiato e con due uova sbattute e una manciata di pepe. Pasta di semola di grano duro (non si scherza) fatta saltare con il guanciale. Condimento cremoso ma senza ombra di creme aggiunto nel finale a bagnomaria. E di sicuro ci sarà un errore anche qui, pare non ci sia carbonara senza errore, ma senza la malizia delle proposte acchiappaturisti o l’arroganza della variante Smoky Tomato Carbonara lanciata sulle pagine gourmand del New York Times e affossata dai puristi.