Qualche spiffero c’era da tempo, voci tra gli addetti ai lavori dei salotti economici bolognesi. Le difficoltà nell’energia e la crisi delle costruzioni qualche strascico lo avevano avuto anche sull’impero della famiglia di imprenditori più antica sotto le Due Torri. Ma le dimensioni della crisi del gruppo Maccaferri hanno iniziato a emergere alla fine del maggio 2019, quando nel giro di pochi giorni la capogruppo Seci e altre otto società (dell’energia, dell’alimentare e delle costruzioni) hanno presentato richiesta di concordato in Tribunale. All’epoca, il gruppo aveva circa 750 milioni di debiti tra linee con le banche e bond.
Debiti resi più complessi da rimborsare viste le crisi del settore energia, per colpa di alcuni investimenti in Brasile (dove una società, Exergy, era impegnata nella costruzione del parco eolico più grande del Sudamerica) e in Serbia (dove Seci Energia era impegnata nell’idroelettrico, proprio in contemporanea con il crollo del prezzo del petrolio). Nei mesi successivi la situazione non è migliorata: in Samp, gioiello della meccanica, sono iniziati gli scioperi, tra cui uno clamoroso a luglio in piazza Maggiore. A dicembre la stessa Samp (di fatto una subholding) è finita in concordato con altre cinque società.
La via di uscita studiata dalla famiglia insieme agli advisor è stata drastica: concentrarsi sui core business, e quindi su Officine Maccaferri e Samp, e disimpegnarsi dal resto, quindi energia, costruzioni, real estate e agroalimentare, mantenendo però la maggioranza di Sigaro Toscano. Proprio Mst, con i suoi dividendi da qui a cinque anni, è tra i perni del piano di salvataggio della holding Seci. Ma per il resto, la strada è segnata.
Perché il piano di concordato presentato a fine marzo, più di un mese dopo che la Procura aveva chiesto il fallimento di Seci visto il patrimonio netto passivo di 120 milioni di euro, prevede l’entrata dei fondi. Carlyle, Man Glg e Stellex Capital Management immetteranno 60 milioni di euro in Officine Maccaferri e ne rileveranno fino al 96%, lasciando il 4% in mano a Seci. E in Samp, Carlyle e Muzinich immetteranno altri 25 milioni: l’operazione dovrebbe lasciare solo il 10% in mano alla cassaforte di famiglia. Nel frattempo andranno avanti le dismissioni: Seci Real Estate venderà Palazzo Zambeccari in centro a Bologna, mentre è da capire cosa succederà con gli immobili in mano a Sei, tra cui le sedi di Seci, Officine Maccaferri e Samp.
Riccardo Rimondi