Mercoledì 24 Aprile 2024

Controffensiva del Vaticano. Convocata la legale di Pietro Orlandi. Veleni e scambio di accuse

La Santa Sede: "Chiede da anni di fare rivelazioni eppure oggi l’avvocato ha fatto scena muta". Lei replica: "C’è il segreto professionale". Il fratello di Emanuela: "Nessuna illazione su Wojtyla"

Papa Giovanni Paolo II

Papa Giovanni Paolo II

Neanche è cominciato il lavoro del promotore di giustizia Alessandro Diddi nell’ambito dell’inchiesta aperta dal Vaticano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi 40 anni fa a Roma, e già volano gli stracci tra il fratello e il suo avvocato, Laura Sgrò, da una parte, e la Santa Sede con gli ’aficionados’ di papa Wojtyla, dall’altra. Le affermazioni fatte da Orlandi, dopo il colloquio fiume con il pm di Oltretevere martedì scorso, quasi delle illazioni sul Papa dichiarato santo a tempi record che la sera "usciva con due monsignori polacchi e non certo per benedire le case", hanno scavato un solco sullo sfondo anche di un voto a breve che il Senato dovràdare per l’approvazione definitiva della commissione bilaterale (italiana) di inchiesta sul caso Orlandi. Ieri è stata una giornata di passione, con colpi su colpi da una parte e dall’altra. Di buon mattino, la legale degli Orlandi, Laura Sgrò, è stata ricevuta da Diddi e dal suo aggiunto Gian Luca Peroni. All’uscita, una dichiarazione dai toni certamente non diplomatici della sala stampa riferiva che ricevuta "perché fornisse quegli elementi, relativi alla provenienza di alcune informazioni in suo possesso, attesi dopo le dichiarazioni fornite da Pietro Orlandi, l’avvocato Sgrò ha opposto il segreto professionale".

Il fratello di Emanuela e Sgrò si sono difesi tutto il giorno con post sui social e con comunicati stampa in cui hanno ribadito che "Orlandi non ha accusato nessuno" e che Sgrò, proprio in virtù della sua deontologia professionale non può certo violare "il segreto". "Attaccare il segreto professionale è attaccare la libertà e la ricerca indipendente della verità. Tale attacco è ciò che avete fatto oggi", ha scritto nello specifico in una lettera indirizzata ai vertici della Comunicazione vaticana, Paolo Ruffini e Andrea Tornielli, dopo l’articolo apparso su Vatican news dal titolo "Accuse a Wojtyla. Pietro Orlandi e l’Avvocato Sgrò si rifiutano di fare i nomi". Come dire: "Chiedono da anni di fare rivelazioni, ma oggi si rifiutano". "Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi? " è solo una parte della reazion stizzita, su Facebook, di Pietro Orlandi.

Orlandi che è poi tornato quindi sulle sue frasi choc su Wojtyla. "Non l’ho accusato di pedofilia, sfido chiunque a dire il contrario. Sono palle di fango contro di me – ha rincarato –. Io ho portato al promotore di giustizia Diddi un audio che va in giro dal 9 dicembre, ho ritenuto opportuno portare quell’audio senza i bip". Si tratta di una testimonianza raccolta dal giornalista Ambrosini in cui una voce anonima ricondotta a un uomo vicino alla Banda della Magliana dà una sua versione dei fatti di quegli anni chiamando in causa il boss Renatino De Pedis, sepolto poi a Sant’Apollinare con il nulla osta dell’allora vicario il cardinale Poletti, e un presunto giro di ragazzine, "una schifezza". È su quello che Orlandi vorrebbe che gli inquirenti si concentrassero. E per dare maggiore robustezza alle indagini auspica anche una collaborazione con la procura di Roma, ora guidata dal procuratore Lo Voi.

"Forse Emanuela è stata anche vittima di un abuso – ha detto di recente Pietro – ma io credo che l’obiettivo più che altro fosse creare tramite lei l’oggetto di un ricatto". Una pista che porterebbe dritto, secondo il fratello della ragazzina misteriosamente scomparsa, fino ai vertici vaticani dell’era wojtyliana. "Come ha detto papa Francesco a Diddi – ha ripetuto al Qn – indagini senza nessuno sconto, dalla base al vertice".