Mercoledì 24 Aprile 2024

Cinquant’anni fa Nixon aprì a Mao E creò il mostro

Cesare

De Carlo

Cinquant’anni sono un battito di ciglia. Eppure l’anniversario di oggi, 9 luglio, e cioè l’apertura di Nixon alla Cina comunista, sembra lontano secoli. La realpolitik rovesciò le incompatibilità ideologiche e oscurò i valori di libertà che come i dogmi non conoscono compromessi. E oggi suona profetico il pentimento dello stesso Nixon. Due mesi prima di morire, nel 1994, confidò: come Frankestein abbiamo creato un mostro. Appunto. Il suo presidente-dittatore Xi Jinping, lungi dall’ammettere alcuna responsabilità per la pandemia, si rivolge agli occidentali con toni intimidatori e ricattatori. Se lo può permettere. La sua Cina è una superpotenza, come nemmeno l’Urss lo era.

Ma in quel lontano 1971 era nel più arretrato sottosviluppo. E allora perché il più anticomunista dei presidenti americani decise di passare dalla chiusura al dialogo? Primo: per la geopolitica. Nixon puntava ad approfondire le rivalità fra Urss e Cina, che già dal 1969 si scontravano lungo il fiume Ussuri. Secondo: per il Vietnam. Il repubblicano Nixon voleva sganciarsi da una guerra concepita male e condotta peggio dai democratici Kennedy e Johnson. Non a caso un anno dopo, a Parigi, Henry Kissinger e Le Duc To avrebbero firmato la pace. Ovviamente, ritirati gli americani, il Nord comunista invase il Sud. Stessa cosa sta accadendo in Afghanistan con i talebani. La storia insegna che non insegna mai niente. Questo l’antefatto del viaggio a Pechino. Non di quello di Nixon, che si sarebbe svolto dal 21 al 28 febbraio 1972, ma di quello di Henry Kissinger, il suo dottor Stranamore, un anno prima, il 9 luglio 1971. A lui fu affidata la diplomazia professionale. Ma fu Mao, già malato, a inventare la diplomazia del ping pong. Il mondo da bipolare si avviò a diventare tripolare. E poi di nuovo bipolare dopo la disintegrazione dell’Urss. Sì Nixon aveva creato il mostro. E Clinton lo avrebbe nutrito. ([email protected])